PTCP e nuovi modelli di sviluppo locale

Dalle riflessioni sul recente quadro politico-amministrativo nasce il Ptcp della Provincia di Pesaro-Urbino, strumento di indirizzo e coordinamento in cui i concetti di co-pianficazione e concertazione trovano solide basi di attuazione.

da "UrbanisticaINFORMAZIONE" n.164

Principi e modelli di riferimento
L’amministrazione provinciale di Pesaro e Urbino ha adottato il suo primo Ptc il 13 luglio del 1998, in ottemperanza alla L.142/1990 e alla Lr 34/1992. Tale operazione assume in questo contesto territoriale una significativa importanza, anche se arriva con 40 anni di ritardo, e nonostante che nel nostro paese la cultura della "programmazione" come strumento ordinario di amministrazione e di governo sia ancora avvolta dalle nebbie del volontarismo politico-istituzionale. Solo con i recenti processi di riforma, ancora in corso di completamento, si stanno delineando scenari estremamente interessanti e stimolanti per un nuovo modo di agire e operare nell’ambito delle istituzioni, e nel rapporto fra queste e gli operatori pubblici e privati. La già citata L.142/1990, ma ancor più le leggi 59/1997, 127/1997 ed il Dl 112/1998, noti come provvedimenti Bassanini, e sotto il profilo operativo anche la Merloni ter, hanno definitivamente aperto le porte per il passaggio da uno stato centralista e burocratico ad uno stato autonomista e federalista.
Tale passaggio è presupposto fondamentale per avviare e sviluppare in modo credibile nuove forme e nuove procedure di programmazione, sostenute ai diversi livelli istituzionali da appropriati, funzionali e autonomi poteri, e conseguenti capacità di intervento ed investimento. In tale contesto il principio di sussidiarietà, mutuato dall’ordinamento comunitario, è elemento cardine, destinato ad informare di sé la nuova organizzazione federale della repubblica, così come stava scaturendo dai lavori della commissione per le Riforme Costituzionali, e di conseguenza ad incidere profondamente sui contenuti e le modalità di sviluppo dei nuovi processi di pianificazione e programmazione. Infatti al concetto di sussidiarietà sono intimamente legati altri importanti principi quali la cooperazione e il coordinamento equi-ordinato tra enti, che nel loro insieme sostanziano e qualificano il significato di "slogan" come co-pianificazione e concertazione.
Sul terreno dello sviluppo socio-economico le procedure della concertazione hanno già prodotto a livello nazionale e locale esperienze significative di programmazione negoziata, avendo avuto precisa e compiuta codificazione con la L.104/1995 e con la finanziaria 1997. A tal proposito è doveroso citare la interessantissima esperienza in corso nel nostro territorio del "patto territoriale dell’Appennino centrale" e quella in via di definizione del Patto territoriale dell’Appennino marchigiano".
Nell’ambito della pianificazione urbanistico-territoriale siamo invece ancora a livello di pochissimi primi tentativi di carattere sperimentale, di cui il Ptc della Provincia di Pesaro e Urbino costituisce, quanto meno per la sua impostazione, un interessante approccio, che può avere valenza paradigmatica.
La difficoltà di tradurre in nuovi strumenti, modelli e procedure i concetti di sussidiarietà, cooperazione discende ovviamente anche dalla specificità della legislazione vigente, che oltre ad essere datata, non ha ancora risolto l’annoso problema della rendita fondiaria, il che rende qualsiasi operazione estremamente delicata, complessa e farraginosa per gli interessi "impropri" che regolarmente si trascina dietro; ciò anche nella dimensione operativa dei cosiddetti "piani perequativi" di recente teorizzazione, i quali però non potendo risolvere il problema, tendono solo ad annacquarlo almeno un po’.
In tale contesto generale, le esperienze maturate in ordine ai Piani di recupero urbano ed ai Programmi integrati, ma ancor più, il recente varo dello Sportello unico per le attività produttive, costituiscono i primi significativi tentativi di adeguare anche la disciplina urbanistica alle nuove istanze di concertazione e cooperazione, che fra l’altro hanno insiti in sé i geni della semplificazione burocratica e della definizione chiara delle responsabilità.

Gli obiettivi generali del Ptcp
Le riflessioni su tali principi portano a confermare l’idea che il Ptcp debba essere prima di tutto uno strumento di riferimento e coordinamento generale, volto ad ufficializzare a livello di area vasta indirizzi programmatici e norme di comportamento, attraverso cui filtrare e regolare le politiche di concertazione da attivare per il conseguimento di obiettivi comuni. Inoltre, stante l’assenza pregressa di quadri di riferimento sovracomunali aventi forza istituzionale e, stante la necessità di indirizzare quanto prima lo "spontaneismo in corso d’opera" sopra detto sui binari dell’0rdine, razionalità e compatibilità ambientale, si è ritenuto necessario che il Ptcp, nella prima stesura, tendesse a conseguire in via prioritaria i seguenti grandi obiettivi:

  • costruzione di un "quadro conoscitivo generale" sulle peculiarità e caratteristiche della realtà provinciale, vista sotto gli aspetti socio-economici, ambientali ed insediativo-infrastrutturali, sia a supporto dei "tavoli della concertazione programmatica interistituzionale" sia per valutare, in sede di esame dei prg, l’attendibilità e gli effetti a livello sovracomunale delle scelte urbanistiche significative formulate dai singoli comuni;
  • individuazione della "matrice ambientale" di rilievo provinciale, cui non solo concentrare azioni di tutela, ma sviluppare ed indirizzare in via prioritaria anche e soprattutto azioni e progetti di valorizzazione e riqualificazione;
  • proposizione di un "modello di organizzazione" delle reti dei collegamenti, dei poli e delle aree centrali, sulla cui base misurare e calibrare nel tempo le scelte programmatiche strutturanti il territorio provinciale;
  • definizione di indirizzi generali di riferimento per la redazione dei Prg, al fine sia di garantire un livello minimo di comunicabilità dei linguaggi e di coerenza degli approcci metodologici, sia di sviluppare una cultura urbanistica locale condivisa e diffusa;
  • individuazione di "unità minime di riferimento intercomunale" finalizzate all’autocoordinamento urbanistico delle scelte che per dimensioni e natura non si esauriscono all’interno dei singoli territori comunali, ma che non assurgono a dimensioni di rilievo provinciale;
  • proposizione degli "scenari di riferimento" per il dimensionamento dei Prg, come contributo metodologico per proiettare le legittime aspirazioni di sviluppo insediativo verso ipotesi ragionevoli e motivate.


Per il conseguimento di tali obiettivi, all’interno della politica di concertazione prefigurata, il Ptcp ha codificato regole e criteri che costituiscono un tentativo originale per molti versi sperimentale per avviare "modalità attuative di co-pianficazione", strettamente coerenti con l’impianto metodologico scelto.
Tale impostazione è sembrata la soluzione più opportuna ed adeguata per superare il determinismo e la rigidità dei tradizionali impianti normativi, che tendevano a recuperare impropriamente il modello delle Nta dei Prg, senza tentare invece percorsi nuovi e più adeguati alla natura ed al ruolo specifico degli strumenti di pianificazione di area vasta, che devono essere essenzialmente strumenti di indirizzo e coordinamento.

Alcuni elementi di riflessione
La fase che stiamo attraversando per la diffusa coscienza dei problemi di gestione della cosa pubblica e per la necessità di articolare i poteri esaltando il ruolo delle autonomie locali, fa ripensare per alcuni versi ad un rinascimento del riformismo istituzionale che raggiunse negli anni ’70 livelli alti e qualificati di elaborazione politico-istituzionale, ma che fu rapidamente impaludato dalle logiche centraliste ancora egemoni. Tale nuova fase può forse oggi appoggiarsi su terreni politici più fertili, sui quali è da sperare possa crescere e svilupparsi anche una seria politica di riforma del complesso delle discipline vigenti in materia di pianificazione, in grado di dare finalmente dignità al troppo bistrattato "diritto all’urbanistica", come diritto alla qualità urbana ed alla qualità territoriale.
Si potrebbe subito cominciare, per esempio, con il modificare il perverso intreccio vigente tra sistema tributario locale e previsioni di sviluppo urbanistico-edilizio comunali, prevedendo regole per creare un fondo compensativo in senso perequativo, in favore di tutte le realtà comunali non contrassegnate da significativi processi di sviluppo edilizio.

*Dirigente del Servizio urbanistica-beniambientali-caccia e pesca della Provincia di Pesaro e Urbino

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