Indirizzi in materia di protezione delle Bellezze Naturali: Profili normativo-procedurali ed aspetti tecnici (Prot. 40288/96).

Il presente documento contiene istruzioni finalizzate a garantire alle amministrazioni comunali un ausilio metodologico e operativo di carattere tecnico e giuridico-amministrativo, al fine di coordinarne ed indirizzarne l’azione nell’esercizio delle funzioni amministrative in materia di protezione delle bellezze naturali, in relazione alle competenze a dette amministrazioni subdelegate dalla Regione marche, sia in forza dell'art. 6 della Legge Regionale n. 34/92, sia ai sensi del 4° comma dell'art. 4 e del 1° comma dell'art. 5 della medesima Legge, per i Comuni che hanno adeguato i P.R.G. al P.P.A.R..
I Comuni, per quanto riguarda i criteri generali attinenti alle valutazioni di merito in sede di istruttoria tecnica, dovranno fare riferimento anche a quanto previsto dal regio decreto 3 giugno 1940, n.1357, e dalla direttiva regionale n.5 del 14 marzo 1991.

SEZIONE PRIMA: PROFILI NORMATIVI E PROCEDURALI

0. PREMESSA.


Le indicazioni che di seguito verranno fornite, si riferiscono in particolare a tre procedimenti:
a) rilascio autorizzazioni di cui all'art. 7 della Legge 1497/39 (art. 5 comma 1 e art.6 L.R. 34/92);
b) approvazione degli strumenti urbanistici attuativi relativi a zone totalmente o parzialmente soggette a vincolo paesaggistico; (art. 3 lett. b e art.4 comma 4 L.R. 34/92);
c) pareri previsti dal 1° comma, art.32 Legge n. 47/85 e successive modificazioni ed integrazioni (art.6 Legge Regionale 34/92 e art.4 comma 1 L.R.14/1986).

1. OPERAZIONI PRELIMINARI.

1.1 INDIVIDUAZIONE REGIME VINCOLISTICO.


Tale operazione, di fondamentale importanza, è costituita dalla individuazione dei vincoli paesaggistici che postulano il rilascio dei relativi provvedimenti in relazione al tipo di procedimento cui si riferiscono. A tal proposito si precisa che le aree interessate da tale tipo di vincolo sono:

a) zone vincolate ai sensi della legge 1497/39;
b) zone vincolate ai sensi dei c.d. "Galassini Statali" di cui al D.M. 31/7/85; zone ivi individuate secondo una perimetrazione da cui sono comunque esclusi, salve alcune eccezioni, i centri abitati delimitati dagli strumenti urbanistici vigenti; per tali centri abitati dunque, e salve le eccezioni sopracitate ed espressamente contemplate dal D.M. 31.7.85, il vincolo paesaggistico non opera ed è quindi esclusa la necessità di richiedere la relativa autorizzazione, salva, ovviamente, l’ipotesi di concorrenza di vincoli paesaggistici apposti con ulteriori provvedimenti amministrativi o di legge e riconducibili alle diverse fattispecie qui individuate alle lettere a), c), d);
c) zone vincolate dal c.d. "Galassino Regionale" di cui alla deliberazione Amm.va del Consiglio Regionale n.8 del 23/12/1985, secondo la perimetrazione e con le eccezioni indicate all'art.2 comma 3;
d) aree e categorie di beni vincolati ai sensi dell'art. 1 della L. 431/85 (c.d. legge Galasso), salve le zone A, B, e - limitamente alle parti ricomprese nei piani pluriennali di attuazione - le altre zone, come delimitate negli strumenti urbanistici ai sensi del D.M. 2 Aprile 1968, n.1444; per tutte queste zone, si precisa che l'esenzione dal vincolo generalizzato apposto con l'art.1 L. 431/1985, riguarda soltanto le aree già disciplinate come tali dagli strumenti urbanistici Comunali alla data di entrata in vigore della Legge Galasso; si precisa, altresì, che per gli interventi ricadenti nelle zone suddette, per le quali opera l'esenzione dal "Vincolo Galasso" ai sensi dell'art. 1 comma 2 della L. 431/85, non è richiesta l'autorizzazione paesaggistica, salva l’ipotesi che in tali zone siano comunque efficaci dei precedenti vincoli paesaggistici, costituiti con provvedimenti ministeriali prima della legge n.431/1985, oppure dalla Regione nell’esercizio delle facoltà riconosciute dall’art.1 ter della stessa legge, nelle more dell’adozione del piano paesistico.

1.2 ESENZIONI.

Sull'esenzione dal vincolo imposto con la legge 431/85 si precisa che l'esenzione stabilita dal secondo comma dell'art.1, relativamente alle zone del territorio comunale ricomprese nei piani pluriennali di attuazione, deve intendersi riferita alle sole aree comprese nei P.P.A. vigenti alla data di entrata in vigore della legge n. 431/1985, mentre non opera per aree incluse in P.P.A. approvati dopo tale data (così come ritenuto dall’Avvocatura Generale dello Stato nel parere trasmesso dal Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali con nota n.3551 V 62 del 10 febbraio 1995).
In riferimento al Decreto del Ministro per i beni culturali e ambientali 31 luglio 1985 con il quale sono state sottoposte a vincolo paesaggistico, ai sensi della legge 29.5.1939 n. 1497, diverse zone comprese nel territorio regionale individuate secondo perimetrazioni dalle quali sono stati espressamente esclusi " i centri abitati delimitati dagli strumenti urbanistici vigenti oppure ai sensi dell'art. 41 quinquies, lett. a), della legge 17 agosto 1942 n. 1150 nel testo modificato dall'art. 17 della legge 5 agosto 1967, n. 765", con l'eccezione dei centri abitati nominalmente individuati dal D.M. stesso, si precisa quanto segue:
il concetto di centro abitato non si identifica con quello di centro edificato, quest'ultimo è infatti "delimitato, per ciascun centro o nucleo abitato, dal perimetro continuo che comprende tutte le aree edificate con continuità ed i lotti interclusi" mentre non sono ricomprendibili "nel perimetro dei centri edificati gli insediamenti sparsi e le aree esterne, anche se interessate dal processo di urbanizzazione" (cfr. art. 18 comma 2 legge 865/1971). Il centro edificato è dunque solo una parte del centro abitato.
In particolare, secondo l'elaborazione giurisprudenziale, "il concetto di centro abitato non va inteso soltanto con riferimento al centro cittadino o ad un agglomerato edilizio sufficientemente organizzato mediante l'impianto di servizi essenziali, ma in senso più ampio con riguardo anche alla zona che essendo contigua ad essi, può considerarsi parte integrante della medesima perché destinata alla sua espansione" (T.A.R., Sicilia Palermo, Sez. I 06.02.1989, n.117, in T.A.R. 1989, I, 1458; Cass, Sez. III 22.12.1964, in Giust. Pen. 1965, II 360; Cass. Sez. III, 09.03.1970 in Giust. Pen. 1971, II, 49; T.A.R. Marche 12.03.1976 n. 53, in T.A.R. 1976, I, 1995).
In virtù di tale elaborazione giurisprudenziale si ritiene pertanto che nei "centri abitati delimitati dagli strumenti urbanistici vigenti", e dunque, per quanto qui interessa, nell'esenzione dal vincolo paesaggistico di cui al D.M. 31.7.85, possono rientrare tutte le aree edificate o da edificare, in quanto previste come zone di espansione incluse nello strumento urbanistico generale vigente (P.R.G. o P.d.F.) a prescindere dalla destinazione specifica che le stesse hanno, a condizione che siano rispettati i due presupposti interrelati della contiguità spaziale e della connessione funzionale con nuclei urbani e agglomerati edilizi sufficientemente organizzati. Perché le aree di espansione siano considerate "centro abitato" è cioè necessario che per la loro dimensione e per la loro ubicazione esse possano funzionalmente configurarsi come la naturale espansione di impianti urbani preesistenti.
Ne consegue che aree di espansione di nuovo impianto isolate dai contesti urbani preesistenti e/o di dimensioni chiaramente superiori rispetto alle esigenze di un ordinato, funzionale e realistico sviluppo urbanistico, non possono essere ricomprese all'interno della delimitazione del centro abitato di cui in oggetto e gli interventi in esse previsti devono essere pertanto soggetti all'autorizzazione paesaggistica di cui all'art. 7 della L. 1497/39, per effetto del vincolo imposto dal D.M. 31.7.85.
Si ribadisce che anche sotto il profilo del regime delle esenzioni, il vincolo paesaggistico imposto con il D.M. 31.7.1985, va tenuto distinto dal vincolo imposto dall'art. 1 comma 1 della L. 431/85, ne discende che per verificare l'esclusione dal vincolo di cui al D.M. 31.7.1985, di determinate aree ivi individuate, non va applicato il 2° comma dell'art. 1 della legge 431/85, ma va accertata la inclusione di dette aree in un centro abitato così come delimitato dallo strumento urbanistico vigente e come sopra definito.
I Comuni nell’istruttoria delle pratiche inerenti al rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche, dovranno tenere presente che il regime delle esenzioni previsto dall'art. 60 della N.T.A. del P.P.A.R. non produce l'effetto di sottrarre all'eventuale vincolo paesaggistico, le opere e gli interventi che ricadono nelle fattispecie del suddetto articolo; pertanto l'effetto giuridico dell'art. 60 si identifica non con l'esenzione dall'obbligo di richiedere l'autorizzazione paesaggistica ove necessaria, bensì con la sottrazione al regime delle prescrizioni di base di cui alla lettera C) dell'art. 3 delle N.T.A. del P.P.A.R., ai fini delle valutazioni istruttorie relative al rilascio sia delle concessioni edilizie (art. 62 N.T.A. P.P.A.R.), sia delle autorizzazioni paesaggistiche (art. 63 N.T.A. P.P.A.R.).

2. COMPETENZE

Una volta individuato il vincolo paesaggistico ed esclusa l'eventuale vigenza del regime di esenzione da esso, i Comuni dovranno procedere ad individuare l'Ente competente al rilascio della prescritta autorizzazione o nulla osta.
Si ritiene pertanto utile fornire le necessarie indicazioni, riferendosi ad ogni singolo procedimento.

2.1 RILASCIO AUTORIZZAZIONI PAESAGGISTICHE DI CUI ALL'ART. 7 LEGGE 1497/39 (ART.5 COMMA 1 E ART.6 L.R.34/92).

L'art. 6 della Legge Regionale n. 34/92 delega (più precisamente sub-delega) ai Comuni dotati di strumento urbanistico generale vigente, non ancora adeguato al PPAR, una serie di funzioni amministrative in materia di tutela delle bellezze naturali, già delegate alle Regioni con l'art. 82 del D.P.R. 24.7.1977 n. 616, e in particolare la competenza al rilascio di autorizzazioni e nulla osta paesistici per i seguenti interventi:

1) ampliamenti delle costruzioni esistenti fino al 20% della loro superficie utile;
2) modificazioni dell'aspetto esteriore dei manufatti esistenti (modifica delle coperture, delle superfici finestrate e delle aperture in genere, delle sporgenze e delle rientranze);
3) posa in opera di cartelli o di altri mezzi pubblicitari;
4) nuove costruzioni, ampliamenti superiori al 20% e ogni altra modifica purché tali opere siano conformi allo strumento urbanistico-attuativo approvato ai sensi e per le finalità di cui alla legge n. 1497/39.

Ciò premesso, allo scopo di assicurare una corretta ed uniforme interpretazione dell’art. 6 L.R. 34/92 (già art. 4 L.R. 22/90) da parte degli Enti tenuti ad applicarlo, si ritiene opportuno esplicarne in via interpretativa la portata, recependo all’uopo, con alcune ulteriori integrazioni, il parere espresso in merito dal Servizio Legislativo e Affari Istituzionali della Regione Marche (prot. n. 346 del 24.01.92).
A tal fine si evidenzia che, nella delega disposta a favore dei Comuni con l’art. 6 comma 1 lett. a) della L.R. 34/92, possono essere fatti rientrare in via di interpretazione estensiva ed analogica anche i seguenti interventi:

1) le recinzioni (ad eccezione di quelle realizzate con pali infissi al suolo e con rete metallica, senza opere murarie, che la costante giurisprudenza, penale e amministrativa, considera non comportanti alterazioni territoriali);
2) le opere di accesso per edifici interrati (scale, scivoli);
3) le opere costituenti pertinenze od impianti tecnologici al servizio di edifici esistenti, ivi compresi garages e le autorimesse fuori terra costruiti in aderenza agli edifici esistenti e che non comportano un ampliamento degli stessi oltre il 20% della loro superficie utile;
4) gli interventi sugli edifici esistenti riguardanti nuovi impianti, lavori, opere, installazioni, relativi alle energie rinnovabili ed alla conservazione ed al risparmio di energia;
5) gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro e risanamento conservativo che incidano sullo stato dei luoghi e sull’aspetto esteriore degli edifici (secondo il disposto dell’art. 1 penultimo comma della legge n. 431/1985). Gli interventi di ristrutturazione edilizia, ivi compresi quelli che comportano la demolizione e ricostruzione fedele dell’edificio; a questo proposito si precisa che l’indirizzo giurisprudenziale affermatosi dal 1987 in poi, secondo il quale nella ristrutturazione edilizia rientrano anche gli interventi di demolizione e ricostruzione dei fabbricati, supera quanto affermato al riguardo nell’art. 2 della circolare del Presidente della Giunta Regione Marche n. 12 del 1984.
6) interventi di manutenzione sulla viabilità che non comportino variazioni di tracciato, di sezione e di tipologia del manto di usura esistente, consentendo la realizzazione di modeste opere d’arte e muri di contenimento della terra di altezza e dimensioni modeste.

Sono invece esclusi dall’ambito di operatività dell’art. 6 1° comma lett. a) della L.R. 34/92, in quanto non connessi ad edifici esistenti, i seguenti interventi:

1) i semplici movimenti di terra, sempreché non finalizzati all’attività agricola, perché in tal caso sottratti all’autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 1 penultimo comma della legge 431/1985;
2) le opere a carattere stagionale, quali: chioschi, cabine e simili, copertura di impianti sportivi, ricreativi o ristori (fanno eccezione le tende parasole retrattili da applicare sopra porte o finestre, che sono sottratte a regime autorizzativo, sia esso di carattere urbanistico che paesaggistico).

Ai sensi del 1° comma art. 5 L.R. 34/92, i Comuni che hanno in vigore i P.R.G. adeguati al P.P.A.R. provvedono ad espletare direttamente le funzioni amministrative concernenti il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche di cui all'art.7 legge 1497/39, anche oltre i limiti fissati dall’art. 6 comma 1 della L.R.34/1992.
Anche per tali Comuni, tuttavia, valgono i limiti di competenza ricavabili dal disposto dell’art.7 L.R.34/1992, secondo cui:

- la giunta regionale, anche dopo l’adeguamento del PRG al PPAR, rimane competente al rilascio dell’autorizzazione ex art.7 L.1497/1939 per le opere di rilevante trasformazione del territorio di cui all’art.45 delle NTA del PPAR, nonché per le opere che pur rientrando nelle tipologie di cui all’art.45 NTA del PPAR, per le loro caratteristiche non siano da considerare di rilevante trasformazione e interessino il territorio di due o più Comuni di province diverse;
- la giunta regionale, anche dopo l’adeguamento del PRG al PPAR, rimane competente ad esprimere il parere previsto dal comma 4 dell’art.5 della L.R.19/1988, il quale sostituisce l’autorizzazione paesaggistica, rispetto agli impianti elettrici e le relative opere accessorie che interessano zone od immobili soggetti a vincolo paesaggistico;
- la Provincia, anche dopo l’adeguamento del PRG al PPAR, rimane competente al rilascio dell’autorizzazione ex art.7 L.1497/1939 per le opere che, pur rientrando nelle tipologie di cui all’art.45 NTA del PPAR, per le loro caratteristiche non siano da considerare di rilevante trasformazione e interessino il territorio di due o più Comuni della provincia stessa.

In relazione alla sussistenza della precondizione di aver ottemperato alle operazioni di adeguamento al P.P.A.R., perché i Comuni possano beneficiare della delega piena all’esercizio delle funzioni in materia di protezione delle bellezze naturali, si ritiene che - avendo il comma 2° dell'art.27 bis delle NTA del PPAR, rispetto all'obbligo dell'adeguamento al PPAR che consideri l'intero territorio comunale, fatte salve le varianti di adeguamento parziale adottate dai Comuni prima dell'entrata in vigore del piano paesistico - qualora l'area interessata da una variante parziale di adeguamento non sia assoggettata all'obbligo di successiva disciplina attuativa, mediante redazione di un apposito piano, i Comuni siano comunque delegati a rilasciare autorizzazioni ex art. 7 L.1497/39, in forza del predetto art.5 comma 1° della L.R.34/1992, sui progetti esecutivi relativi a interventi ed opere che ricadano integralmente nell'area interessata dall'adeguamento parziale.
La fondatezza di tale orientamento interpretativo, che trova altresì conferma nel parere prot. n. 632 del 16.09.1993 reso dal Servizio Legislativo ed Affari Istituzionali della Regione Marche, si basa oltre che sul comma 2 dell’art.27 bis delle NTA del PPAR, sulla lettera dell’art. 5 comma 1 della L.R.34/1992, ove si fa testuale riferimento ai PRG "adeguati" al PPAR, senza specificare il carattere parziale o generale dell’adeguamento richiesto.

2.2 APPROVAZIONE DEGLI STRUMENTI URBANISTICI ATTUATIVI RELATIVI A ZONE TOTALMENTE O PARZIALMENTE SOGGETTE A VINCOLO PAESISTICO (ART.3 LETTERA B E ART.4 COMMA 4 L.R.34/92).

Il titolo IV della L.R. 34/92 disciplina la strumentazione urbanistica attuativa, indicando all'art. 30 le procedure di adozione ed approvazione e all'art. 31 i relativi contenuti.
Con l'art. 4 1°comma, della citata legge, vengono trasferite ai Comuni le competenze per l'approvazione definitiva degli strumenti urbanistici attuativi.
Fanno eccezione i piani relativi ad aree interessate in tutto o in parte da vincoli paesaggistici per i quali la competenza all'approvazione definitiva fa capo temporaneamente all'Amministrazione Provinciale.
La suaccennata temporaneità cesserà quando, nei singoli Comuni, sarà entrato in vigore lo strumento urbanistico generale adeguato alle indicazioni del P.P.A.R. (art.4 comma 4 L.R.34/92), comportando ciò il trasferimento, agli stessi Comuni, dei poteri di approvazione anche di tali piani.
Tuttavia, considerata la lettera della disposizione di cui al citato 4° comma dell'art. 4 ove si fa testuale riferimento ai Comuni "che hanno adeguato lo strumento urbanistico generale alle indicazioni del PPAR", senza specificare il carattere parziale o generale dell'adeguamento richiesto; considerato altresì il complessivo fondamento logico-sistematico della normativa citata, si ritiene che alla stregua delle disposizioni vigenti, anche i Comuni che non abbiano ancora provveduto ad adeguare l'intero strumento urbanistico generale al PPAR siano da considerare competenti ad approvare gli strumenti urbanistici attuativi di cui al comma 3 dell'art. 4 della L.R. 34/1992, qualora tali strumenti interessino aree integralmente ricomprese in parti del territorio comunale disciplinate da varianti di adeguamento parziale al PPAR, approvate dalla Regione in quanto adottate dai Comuni prima dell'entrata in vigore del PPAR, ai sensi dell’art.27 bis comma 2 delle nta del PPAR.
Rimangono in ogni caso di competenza provinciale le procedure di approvazione di piani attuativi in variante agli strumenti urbanistici generali nei casi contemplati dall’art.27, 3° comma L.R. 34/92.

2.3 RILASCIO PARERI AI SENSI DEL 1° COMMA ART. 32 LEGGE N. 47/85 E SUCCESSIVE MODIFICAZIONI ED INTEGRAZIONI (ART.6 L.R.34/92 E ART.4 COMMA 1 L.R.14/1986).

Sia i Comuni che abbiano provveduto ad adeguare gli strumenti urbanistici generali al PPAR, sia quelli che non vi abbiano ancora provveduto, sono competenti a rilasciare i pareri di cui all’art.32 L.47/85, esclusivamente per le opere e gli interventi previsti dall’art.6 lett. a) e b) della L.R.34/1992; ciò in forza della previsione dell’art.4 comma 1 della L.R.14/1986, il cui richiamo all’abrogata L.R. 24/1984, deve essere inteso come riferito alle corrispondenti norme dell’attuale L.R.34/1992, che ne hanno preso il posto.
Per tutti gli altri interventi, invece, vale la disposizione dell’art.5 comma 2 lett.d) della L.R.34/1992, che delega alle Province, senza limiti temporali, le funzioni riguardanti i pareri di cui all’art.32 comma 1; la previsione di tale delega infatti, in virtù della sua collocazione all’interno dell’articolo di legge, è sottratta al meccanismo di cui al comma 1 secondo cui la delega alle Province opera fino alla data dell’adeguamento dei PRG al PPAR.
Per quanto attiene all'istituto della c.d. "autorizzazione paesaggistica in sanatoria" è il caso di precisare che, nonostante qualche isolato diverso avviso espresso sia in dottrina (cfr. V. Giuffrè "L’autorizzazione paesaggistica negata in sanatoria" in il Corriere Giuridico, n.9, 1993, 1120) sia in giurisprudenza (cfr. TAR Lazio n.1157 del 21.12.1994 in TAR 1995, I, 64), l’orientamento maturato da questa Amministrazione sulla scorta del parere n.28 del 15.02.1989 della sez.II del Consiglio di Stato, della circolare n.1795 II G del 08.07.1991 del Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali, della circolare Regione Marche n.13 del 25.01.1983 e della nota prot.3079 del 12.06.1989 Regione Marche, è nel senso di ritenere inammissibile, al di fuori della sola fattispecie contemplata espressamente dall’art.32 L.47/85, il rilascio di autorizzazioni paesaggistiche ex post, vale a dire con riferimento ad opere già realizzate. Pertanto, nei casi in cui l’amministrazione comunale si trovi a dover decidere in merito ad istanze per la sanatoria presentate ai sensi dell’art.13 L.47/85, l’eventuale accertamento di conformità delle opere abusive dovrà riguardare esclusivamente i parametri urbanistici ed edilizi, mentre non potrà estendersi alle eventuali violazioni delle norme sulla tutela del paesaggio, le quali dovranno essere sanzionate alla stregua della normativa vigente ed in particolare ai sensi dell’art.15 L.1497/1939.

3. PROCEDURA

3.1 RAPPORTI TRA AUTORIZZAZIONE PAESAGGISTICA E TITOLO ABILITATIVO EDILIZIO.


Va sottolineato che anche quando l'esercizio delle competenze paesaggistiche risulta in capo all'Amm.ne Comunale, la concessione (o autorizzazione) edilizia e l’autorizzazione paesaggistica restano comunque due atti giuridicamente autonomi e di valore distinto, in quanto aventi ciascuno la propria specifica funzione, durata ed effetto (principio pacifico in giurisprudenza: cfr.Cons. Stato, Ad.plen., 3 ottobre 1988, n.8 e TAR Campania, Napoli, sez.I, 7 aprile 1989, n.173).
E’ assolutamente indispensabile che questa duplicità emerga e risalti con chiarezza anche allorché, per evidenti ragioni di economia dell'attività amministrativa, il Comune provveda, per il tramite dei suoi organi, ad un esame globale e proceduralmente indistinto del progetto di un'opera che richiede, per la sua esecuzione, il rilascio di due differenti atti autorizzatori: l'uno finalizzato al controllo urbanistico-edilizio, l'altro a verificare la compatibilità paesaggistica dell'intervento. E’ dunque opportuno che il Comune provveda all’adozione di due distinti provvedimenti finali, o altrimenti, qualora propenda per un’ adozione contestuale dei due atti in un unico documento materiale, che vengano chiaramente tenute distinte, sia nella parte motivazionale, sia ancor più nel dispositivo, le determinazioni assunte ai sensi e per gli effetti dell’art.7 della L.1497/1939, da quelle assunte sotto il profilo prettamente urbanistico-edilizio.
Si consentirà così di separare con facilità gli aspetti contenutistici dell'atto giustificati dall'esigenza di tutela dell'interesse paesaggistico, sui quali sussiste un tipizzato potere di controllo in capo al Ministero dei Beni Culturali ed Ambientali e ai quali si riconnette, in caso di violazioni o difformità, uno specifico regime sanzionatorio penale ed amministrativo, da quello che è invece il diverso ordine di valutazioni a fondamento del provvedimento abilitativo a carattere edilizio.
D’altro canto la necessità di tenere distinti e separati i due atti risponde anche ad una più generale esigenza di trasparenza dell’azione amministrativa rispetto all’ "utente" della stessa: il destinario del provvedimento deve infatti essere messo in grado di sapere con certezza e precisione, senza essere costretto a compiere particolari "sforzi interpretativi", quali sono gli effetti abilitativi prodotti dall’atto a lui rilasciato, sia sotto il profilo urbanistico-edilizio, sia sotto quello paesistico-ambientale.
Sempre con riguardo ai rapporti tra autorizzazione paesaggistica e concessione edilizia va ricordato che l’art.25 del R.D. 1357/1940 fa divieto al Sindaco di rilasciare la "licenza" di costruzione per opere ricadenti in zone vincolate paesisticamente quali bellezze d’insieme, se non è prima intervenuto il parere favorevole della Soprintendenza (oggi Regione delegata od ente locale subdelegato). Questo rapporto di pregiudizialità è confermato anche dall’art.61 comma 4 della L.R.34/92.
Va tuttavia ricordato che nel caso di inosservanza di tale rapporto di conseguenzialità temporale e procedimentale, non c’è in giurisprudenza uniformità di vedute circa la determinazione delle conseguenze che si producono.
Secondo un orientamento minoritario la concessione edilizia rilasciata in assenza del previo nulla osta paesistico è viziata sotto il profilo della legittimità, fatta salva la possibilità che intervenga una sanatoria (si badi bene dell’atto concessorio, non, per quanto detto sopra sub 2.3, delle opere eventualmente già realizzate) a seguito dell’emanazione "tardiva" del nulla osta paesistico.
Secondo l’orientamento prevalente, invece, l’inosservanza dell’art.25 R.D. 1357/1940, non comporta l’illegittimità della concessione edilizia, ma solo la sua irregolarità, essendo sufficiciente che il nulla osta paesistico intervenga prima dell’inizio dei lavori, integrando così la condizione sospensiva del provvedimento concessorio (cfr. in particolare Cons. Stato, sez.V, 20 novembre 1989, n.738; id., 1 febbraio 1990, n.61).

3.2 NECESSITA’ DEL PREVIO PARERE DELLA COMMISSIONE EDILIZIA INTEGRATA.

Si ricorda alle Amministrazioni Comunali che gli atti inerenti all'esercizio delle funzioni delegate ai Comuni in materia di protezione delle bellezze naturali devono necessariamente essere adottati, a pena di illegittimità, previo parere della Commissione Edilizia, integrata ai sensi dell'art. 61 della L.R. 34/92 e dell'art. 15 del Regolamento Edilizio Tipo Regionale, dalla presenza contestuale sia dell'esperto in materia di beni naturali e ambientali, sia dell'esperto in materia di beni storico-culturali.
Si ritiene infatti che l'art. 61 comma 2° e l’art.37 comma 2 della L.R. 34/1992 siano chiari al riguardo, ed impongano, quale condizione di legittimità degli atti adottati dagli organi comunali nell'esercizio delle funzioni delegate ai Comuni in materia di protezione delle bellezze naturali ai sensi del combinato disposto degli artt. 4, 5, 6 della stessa L.R. 34/1992, la previa acquisizione del parere espresso dalla Commissione Edilizia Comunale integrata da due esperti in materia di beni ambientali e storico-culturali, designati dal Consiglio Comunale. Le norme infatti, richiedono l'integrazione della Commissione Edilizia non esclusivamente come dato "strutturale" dell'organismo consultivo, ma altresì come dato per così dire immanente al suo concreto funzionamento quando, con riferimento a singole sedute, debbano essere acquisiti quei pareri che la Legge Regionale eleva al rango di atti presupposti e condizionanti l'emissione degli atti inerenti all'esercizio delle funzioni delegate ai Comuni in materia di bellezze naturali.
Ora, anche se la Commissione Edilizia Comunale si connota, in base al disposto dell'art. 17 comma 3° del regolamento edilizio tipo regionale, quale collegio imperfetto e pertanto per la legittimità delle sue deliberazioni non è richiesta la presenza di tutti i componenti, tuttavia tale connotato è, per il disposto dell'art. 61 comma 2° della L.R. 34/92 e per il combinato disposto dell'art. 14 comma 5° e dell'art. 15 comma 1° punto n. 5 del regolamento edilizio tipo regionale, in qualche misura attenuato nei casi in cui il Comune eserciti funzioni delegate in materia di bellezze naturali: tale attenuazione del carattere di collegio imperfetto si concreta appunto nell'esigenza legalmente posta, che in tali casi siano presenti alla seduta entrambi i componenti esperti in materia di beni naturali e ambientali e di beni storico-culturali.
Anche sotto il profilo logico sistematico, del resto, appare chiaro che l'obiettivo della norma non può che essere quello di assicurare che in materia di bellezze naturali il parere della Commissione Edilizia Comunale risulti particolarmente qualificato dall'apporto specialistico congiunto, sia dell'esperto in materia di beni naturali e ambientali, sia dell'esperto in materia di beni storico-culturali, così come individuati altresì dall'art. 15 comma 1° lett. d) punto 5) del regolamento edilizio tipo regionale. Pertanto si ritiene che anche nel caso di assenza di uno solo dei due esperti, non realizzandosi la condizione imposta dalla Legge Regionale perché tale duplice specialistico apporto si possa esprimere, venga a mancare una condizione per il pieno legittimo esercizio delle funzioni amministrative in materia di bellezze naturali, delegate ai Comuni.
Nei casi in cui il parere favorevole della Commissione Edilizia integrata sia stato assunto in difformità dal voto anche di uno solo dei due esperti, esso dovrà essere congruamente motivato anche in relazione alle argomentazioni contrarie addotte dagli esperti dissenzienti e riportate a verbale.
Una motivazione particolarmente circostanziata dovrà altresì supportare il provvedimento di assenso paesistico nei casi in cui questo sia assunto dall’amministrazione comunale in difformità dal contrario parere della Commissione Edilizia Integrata.
Si invitano le Amministrazioni Comunali, nelle ipotesi di cui ai due precedenti capoversi, a trasmettere a questo Ente, per opportuna conoscenza, copia del provvedimento paesistico assunto, nonché il verbale della seduta della Commissione Edilizia integrata.
Si precisa altresì, che in base alla legislazione vigente l'integrazione della Commissione Edilizia è necessaria esclusivamente per l'esame dei progetti di opere ricadenti in zone tutelate paesaggisticamente, allorché su tali progetti la competenza degli organi comunali non sia solo attinente al rilascio di autorizzazioni o concessioni edilizie, ma si estenda anche al rilascio dei provvedimenti autorizzatori di natura paesaggistica. Ne consegue (per quanto il previo esame da parte della Commissione Edilizia integrata sia auspicabile anche rispetto a progetti di opere per i quali la competenza ad adottare il provvedimento paesaggistico è, alla stregua della normativa vigente, di livello provinciale o regionale) che nelle fattispecie procedimentali in cui il Comune non sia competente, a titolo di subdelega, all'esercizio delle funzioni amministrative in materia di bellezze naturali, la mancata acquisizione del previo parere della Commissione Edilizia Comunale integrata dalla presenza contestuale dei due esperti di cui all'art. 61 della L.R. 34/92, non è causa di per sé inficiante il provvedimento autorizzatorio assunto dalla Provincia o dall'Amm.ne Regionale.
Si ribadisce dunque che il parere di cui all'art. 14 comma 5° del R.E. Tipo, ha efficacia solo se formulato in presenza di entrambi gli "esperti" e solo se detti esperti siano di "comprovata esperienza", uno in materia di beni naturali ed ambientali l'altro in materia di beni storico-culturali.
Si precisa:

- che "esperti di comprovata esperienza" vanno considerati solo coloro che, sulla base delle proprie qualifiche professionali, hanno regolarmente operato nelle materie sopraddette;
- che, richiamata la Circolare Regionale n. 10 UA/URB del 25/11/86, la presumibile figura del Commissario prevista dalla legge è quella di un esperto paesaggista, urbanista, storiografo, ambientalista, storico dell'arte, preferibilmente laureato e in qualsiasi modo dedito allo studio, alla progettazione, alla valorizzazione, alla divulgazione di fatti e di tematiche storico-culturali ed ambientali;
- che all'uopo si reputa opportuna la presentazione al Consiglio Comunale, nel momento dell'elezione, di apposito "curriculum vitae" dei prescelti, attestante i requisiti richiesti.

3.3 POTERE DI CONTROLLO DEL MINISTERO PER I BENI CULTURALI ED AMBIENTALI

Si ricorda alle Amministrazioni Comunali in indirizzo, che sia i provvedimenti con i quali si dispone il rilascio delle autorizzazioni paesistiche di cui all’art.7 L.1497/1939, sia, in forza dell’art.12 comma 1 della legge 14.03.1988, n.68, i pareri resi ai sensi dell’art.32 L.47/85, vanno obbligatoriamente e immediatamente trasmessi, ai sensi del nono comma dell’art.82 del D.P.R. 24.07.1977 n.616 così come introdotto dalla legge 08.08.1985 n.431, alla Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici di Ancona e al Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, ai fini dell’eventuale esercizio, nel termine di 60 giorni, del relativo potere di annullamento. A tale proposito si precisa che l’art.62 della L.R.34/1992, si riferisce esclusivamente alle ipotesi di acquisizione, in capo alla Soprintendenza, di pareri in materia di tutela ambientale e paesistica, e non alla diversa fattispecie di annullamento ministeriale in sede di controllo, di cui al nono comma dell’art.82 del D.P.R. 24.07.1977 n.616.
Si fa presente che, conformemente a quanto disposto dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali con circolare prot. n.24450/G2 del 22.07.1996, il potere di controllo ministeriale di cui al citato nono comma sussiste e va esercitato anche rispetto alle ipotesi in cui, ai sensi del nuovo secondo comma dell’art.32 L.47/85 così come introdotto dal comma 7 dell’art.39 della legge 724/1994, trattandosi di "ampliamenti o tipologie d’abuso che non comportano aumento di superficie o di volume" si sia formato, per effetto del decorso del prescritto termine di 120 giorni per il rilascio del nulla osta, un provvedimento di assenso silenzioso. E’ pertanto indispensabile che i Comuni provvedano a trasmettere alla Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici di Ancona tutte le istanze di parere ai sensi dell’art.32 L.47/85 per le quali si sia configurato il silenzio assenso, corredate dalla relativa documentazione.
Circa la natura e gli effetti del potere ministeriale di annullamento delle autorizzazioni paesaggistiche rilasciate dagli enti delegati o subdelegati, la giurisprudenza prevalente ha inquadrato detto intervento statale nell’esercizio di una funzione di vigilanza e/o controllo (cfr. Cons. Stato, VI, 14 novembre 1991 n.828), chiarendo pertanto che non trattandosi di coopartecipazione con l’ente delegato all’esercizio di una funzione di amministrazione attiva, da un lato l’autorizzazione paesaggistica una volta adottata è subito efficace anche in pendenza del termine di 60 giorni per l’esercizio del potere ministeriale, dall’altro il provvedimento di annullamento, allorché interviene, realizza una condizione risolutiva dell’atto autorizzativo adottato dall’ente regionale o dall’ente locale subdelegato (in tal senso si veda innanzitutto Cons. Stato, VI, 16 luglio 1990 n.728 e ancora TAR Toscana, III, 17 settembre 1993 n.273 e TAR Lazio, II, 12 ottobre 1993 n.1174; propende invece per una qualificazione dell’intervento ministeriale quale controllo preventivo idoneo a sospendere, fino a quando non siano decorsi i 60 giorni, l’efficacia dell’autorizzazione paesaggistica, TAR Abruzzi, Pescara, 11 novembre 1988 n.376).
Alla luce della sopracitata ricostruzione giurisprudenziale si ritiene pertanto che il destinatario dell’autorizzazione paesaggistica possa, assumendosi il rischio del sopravvenire nel termine di legge dell’atto caducatorio del Ministero, dare corso ai lavori subito dopo il rilascio del provvedimento di assenso paesaggistico e del titolo abilitativo a carattere urbanistico-edilizio. Sarà quanto mai opportuno, specie alla luce dei principi di trasparenza dell’azione amministrativa che ispirano la L.241/90, che l’Amministrazione Comunale nel rilasciare il nulla osta paesistico, segnali al destinatario che l’atto è soggetto al potere di controllo statale da esercitare nel termine di 60 giorni dalla comunicazione al Ministero, e dunque al rischio del sopraggiungere di un atto di annullamento che con efficacia ex tunc rimuova l’autorizzazione paesistica già rilasciata.

3.4 LIMITI TEMPORALI DI EFFICACIA DELL’AUTORIZZAZIONE PAESAGGISTICA.

Si rammenta che l’art.16 R.D. 3 giugno 1940 n.357, stabilisce in 5 anni la validità della autorizzazione paesaggistica.
Si è chiarito in giurisprudenza ( Cons. Stato, IV, 28 luglio ‘71 n. 753) che il quinquennio di efficacia del nulla osta decorre dalla data di comunicazione all’interessato e non da quella di emanazione.
Decorso il termine di validità senza che il progetto assentito si sia realizzato, l’autorizzazione rilasciata decade da ogni effetto e per l’inizio o il completamento dei lavori si rende necessaria una nuova positiva valutazione, da parte dell’ente competente, circa la compatibilità paesistica dell’intervento, anche alla luce di quegli elementi di novità che potrebbero essere nel frattempo intervenuti nel contesto paesistico-ambientale in cui l’opera è destinata ad inserirsi.

4. DOCUMENTAZIONE TECNICO-AMMINISTRATIVA.

Per l’indicazione della documentazione necessaria per l’esame delle pratiche relative al rilascio dei provvedimenti paesaggistici, si rinvia agli allegati A), B), C) ai presenti indirizzi.
In relazione alla dichiarazione di conformità o di esenzione alle norme del P.P.A.R. si precisa che questa dovrà essere inviata utilizzando l’allegato A alla Circolare Regionale n. 14 del 16.8.89.
Si informano le Amministrazioni Comunali che qualora la documentazione inviata a questo Ente, ai fini dell’adozione dei provvedimenti summenzionati fosse carente, le pratiche saranno temporaneamente sospese e, comunque, decorsi 180 giorni dalla data della richiesta della documentazione, ravvisata l’impossibilità di istruirle, le stesse verranno riconsegnate al richiedente e all’Amministrazione competente. La restituzione della pratica non pregiudica in alcun modo la riproposizione della stessa a questa Amministrazione.
Inoltre si invitano gli Enti in indirizzo a riportare su ogni comunicazione, che intercorrerà con questi uffici provinciali, eventuali riferimenti e numeri di protocollo già intercorsi con la scrivente Amministrazione.

... omissis ...

torna all'inizio del contenuto