L.R. n.26 del 04/10/99 "Norme ed indirizzi per il settore del commercio" -

1. PREMESSA
La L.R. 26 del 04.10.1999 stabilisce, come recita il titolo, "Norme e indirizzi per il settore del commercio", in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114.
Le principali disposizioni che coinvolgono la Provincia per gli aspetti legati alla pianificazione e alla programmazione territoriale ed urbanistica sono contenute nel Capo I "Esercizio del commercio in sede fissa" e possono essere suddivise in tre gruppi che possiamo così sintetizzare:

  • disposizioni relative all’obbligo per i comuni di distinguere le strutture e le aree con destinazione urbanistica ad uso commerciale tra commercio all’ingrosso e commercio al dettaglio;
  • disposizioni relative alla necessità di avere una disponibilità minima di aree destinate a parcheggi, a cui è subordinata la possibilità di realizzare di nuovi insediamenti commerciali;
  • disposizioni relative al rilascio dell’autorizzazione per le medie e grandi strutture di vendita, in rapporto alla suddivisione dei Comuni per classi di residenti ed in bacini commerciali.


2. DISPOSIZIONI RELATIVE ALL’OBBLIGO PER I COMUNI DI DISTINGUERE LE STRUTTURE E LE AREE CON DESTINAZIONE URBANISTICA AD USO COMMERCIALE TRA COMMERCIO ALL’INGROSSO E AL DETTAGLIO
Per quanto concerne la lettera A) della Premessa, ovvero le disposizioni relative all’obbligo per i Comuni di distinguere le strutture e le aree con destinazione urbanistica ad uso commerciale tra commercio all’ingrosso e commercio al dettaglio l’art. 2, quarto comma della L.R. 26 del 04.10.1999 stabilisce che "…Entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, i Comuni, in relazione alla situazione esistente, provvedono, qualora non già stabilito dal PRG, a distinguere le strutture e le aree con destinazione urbanistica ad uso commerciale tra commercio all’ingrosso e commercio al dettaglio comprendente anche le attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande. La suddivisione tra commercio all’ingrosso e al dettaglio viene mantenuta anche successivamente per quanto concerne la modifica del piano regolatore e l’eventuale individuazione di nuove aree di espansione commerciale…".
In relazione a tale punto la normativa regionale risulta essere alquanto lacunosa, poiché non dà alcuna indicazione sulle procedure di variante che debbono essere seguite dai Comuni per adeguare i loro strumenti urbanistici alle disposizioni sopra ricordate.
Il Servizio Urbanistica Pianificazione Territoriale della Provincia di Pesaro e Urbino, in attesa di un esplicito pronunciamento da parte della Regione Marche, ritiene che possano essere seguite le indicazioni contenute nell’Accordo raggiunto nella Conferenza Unificata Stato - Regioni – Comuni del 21.10.99, il quale suggerisce che "…Nel caso in cui gli strumenti urbanistici attuali siano compatibili di già con lo sviluppo della funzione commerciale delineata ora dai Comuni, non si presenta la necessità di porre mano al mezzo della variante urbanistica; infatti la previsione dell’adeguamento dello strumento urbanistico è soddisfatta dal mero riallineamento dello strumento stesso alla nuova situazione. Viceversa solo ove si valutino gli strumenti urbanistici esistenti non conformi per via della necessità di modifiche sostanziali ai fini della individuazione dei siti nei quali è considerata opportuna, possibile e idonea la localizzazione delle strutture distributive, si pone la necessità dell’attuazione del procedimento della variante urbanistica…".
Sempre il sopra ricordato Accordo più avanti precisa che"…Il procedimento della variante urbanistica è attivato laddove, ad esempio, la subordinazione dei criteri e indirizzi indicati nei provvedimenti regionali comporti la realizzazione di nuovi volumi e/o la variazione delle destinazioni d’uso degli edifici o delle superfici.
Per i casi rientranti in detta fattispecie l’approvazione delle varianti urbanistiche necessarie avviene secondo il procedimento indicato dalla Regione nelle specifiche normative di applicazione del decreto legislativo n. 114, ovvero secondo le normative generali di materia urbanistica…".
L’Accordo inoltre dà un interessante indicazione suggerendo che "…Al fine di rendere possibile l’adeguamento degli strumenti urbanistici vigenti ai principi e criteri di omogeneità e di razionalità della normativa del settore commerciale nonché, in via generale, al fine di rendere operativa la riforma introdotto dal decreto legislativo e garantire tempi certi all’utenza, va richiamata l’opportunità che le Regioni e gli Enti Locali, nel rispetto e nei limiti delle sfere di autonomia garantita, utilizzino tutte le procedure previste dagli istituti di semplificazione e snellimento del procedimento amministrativo previsti dall’ordinamento…".
Tali indicazioni contenute nell’Accordo raggiunto nella Conferenza Unificata Stato - Regioni – Comuni del 21.10.99, adeguate al vigente quadro normativo della Regione Marche,a giudizio del Servizio Urbanistica Pianificazione Territoriale potrebbero essere tradotte come segue:

  • nel caso in cui i Comuni si limitino semplicemente a distinguere le strutture esistenti e le aree già previste dagli strumenti urbanistici vigenti a destinazione ad uso commerciale tra commercio all’ingrosso e commercio al dettaglio dovranno seguire le procedure di cui all’art. 15, quinto comma della L.R. 34/92 nel caso di varianti agli strumenti urbanistici generali, ovvero quelle di cui all’art. 30 della L.R. 34/92 nel caso di varianti agli strumenti urbanistici attuativi;
  •  nel caso invece in cui l’ottemperanza ai criteri e agli indirizzi indicati nel provvedimento regionale comporti la realizzazione di nuovi volumi e/o la variazione delle destinazioni d’uso degli edifici non già destinati al commercio o delle superfici, i Comuni dovranno seguire le procedure di cui agli art. 26 e segg., della L.R. 34/92.


Sarebbe opportuno coinvolgere anche i competenti Uffici della Regione Marche per verificare se avallano questo tipo di impostazione per le procedure da porre in essere.

3. DISPOSIZIONI RELATIVE ALLA DOTAZIONE DI PARCHEGGI PER I NUOVI INSEDIAMENTI COMMERCIALI

Per quanto concerne la lettera B) della Premessa, ovvero le disposizioni relative alla dotazione di parcheggi per i nuovi insediamenti commerciali l’art. 7, primo comma della L.R. 26 del 04.10.1999 stabilisce un precetto d’ordine generale consistente nel fatto che "…La realizzazione di nuovi insediamenti commerciali è subordinata alla disponibilità minima di aree destinate a parcheggi a disposizione dei clienti, in base ai parametri indicati nella tabella D allegata …" alla legge medesima. Inoltre come specificato dall’art. 7, terzo comma "…l’adeguamento ai nuovi parametri di parcheggi è richiesto (anche) nel caso di rilascio di nuova autorizzazione, di modifica del settore merceologico..".
Come chiarito dall’art. 7, decimo comma le norme di cui sopra "… prevalgono sulle eventuali diverse previsioni dei regolamenti edilizi e degli strumenti urbanistici comunali, nonché sulle altre norme comunali in materia edilizia, finché i Comuni non abbiano adeguato i propri strumenti di programmazione urbanistica e commerciale agli standard minimi previsti…" dalla legge in questione. Tale indicazione ammette due sole eccezioni: la prima è quella prevista dall’art. 7, secondo comma per gli esercizi già in attività alla data del 24 aprile 1999 per i quali "…i parametri di superficie di parcheggio restano quelli preesistenti, così pure nei casi di subentro, qualora l’attività sia inerente lo stesso settore merceologico…"; la seconda eccezione è quella prevista dall’art. 7, terzo comma per i casi di ampliamento della superficie di vendita nel qual caso l’adeguamento ai nuovi parametri di parcheggi è richiesto "…per la sola parte ampliata….".
Come già evidenziato in sede di conferenza Regionale delle Autonomie e in sede di audizione nella competente Commissione Consigliare Regionale, si nutrono forti perplessità sulla legittimità di una siffatta formulazione che ha come effetto più rilevante quello di comportare la rielaborazione e la riapprovazione di quei piani particolareggiati, ancora in tutto od in parte da attuare, i quali, seppur convenzionati, non rispondono ai requisiti imposti in materia di parcheggi. Al di là dell’appesantimento burocratico e della conseguente perdita di tempi relativi alle procedure di variante che occorrerà eventualmente porre in essere per adeguarsi alle disposizioni di legge, rimane da capire quale sarà la posizione che assumeranno i proprietari delle aree commerciali i quali sulla base di convenzioni regolarmente stipulate hanno conseguentemente realizzato le strutture edilizie e le opere di urbanizzazione previste, che però a questo punto non risulterebbero più conformi ai nuovi standard regionali. I Comuni si troveranno in altre parole a dover da una parte rispettare le convenzioni firmate con i soggetti attuatori degli interventi e dall’altra a dover far osservare le disposizioni della L.R. 26/99. Già sono stati segnalati i primi casi inerenti questa problematica che per i Comuni, alla luce della sentenza n. 500/99 della Corte di Cassazione, assume ancora più rilevanza.
Proseguendo nell’esame della legge si rileva che la stesa onde evitare la possibilità di realizzazioni fittizie di parcheggi di pertinenza l’art. 7, quarto comma precisa che "…gli insediamenti delle medie e grandi strutture localizzate nelle zone del comune classificate B, C e D sono subordinati al rispetto dei parametri di parcheggio previsti dalla presente legge e l’eventuale riduzione degli stessi comporta l’adeguamento dell’autorizzazione commerciale in ordine alla superficie di vendita o, nei casi di mancato adeguamento, la revoca dell’autorizzazione.
L’art. 7, quinto comma ribadisce che nel caso di centri commerciali e di strutture polifunzionali nei quali sono presenti superfici non commerciali (ad es. direzionali, artigianato di servizio, etc.), alle stesse deve essere assicurata una dotazione di parcheggi di pertinenza aggiuntiva rispetto a quelle prescritte in rapporto alla superficie di vendita degli esercizi commerciali. Tale indicazione di fatto ripete quanto già disposto dal D.M. 1444/68 e dal R.E.T..
La Legge Regionale all’art. 7, sesto comma demanda ai PRG comunali il compito di "…specificare le dotazioni minime di parcheggi di pertinenza a disposizione dei clienti, che devono essere assicurati ai fini dell’autorizzazione, per le diverse tipologie di esercizi commerciali non contemplati…" dalla legge medesima. Sempre lo stesso comma precisa che "…tali dotazioni devono essere convenientemente articolate in relazione alle soglie dimensionali di superficie di vendita degli esercizi e a specifiche valutazioni sui livelli di fruizione abituale delle diverse unità di vendita, in riferimento anche alle previsioni di assetto territoriale della rete distributiva contenute nell’apposito piano comunale per il commercio…". Anche in questo caso le indicazioni contenute nel sopracitato sesto comma nulla aggiungono a quanto già previsto dalla legislazione in materia, limitandosi a fornire suggerimenti ai Comuni per dimensionare correttamente gli standard a parcheggio per gli esercizi non disciplinati dalla L.R. 26/99; il carattere non prescrittivo della norma è sottolineato dal fatto che, a differenza di quanto previsto dal comma 4 dell’art. 2 per la distinzione tra commercio al dettaglio e commercio all’ingrosso, non c’è un’indicazione temporale, né ordinatoria, né perentoria, per l’adeguamento.

4. DISPOSIZIONI RELATIVE AL RILASCIO DELL’AUTORIZZAZIONE PER LE MEDIE E GRANDI STRUTTURE DI VENDITA

Per quanto riguarda la lettera C) della Premessa, ovvero le disposizioni relative al rilascio dell’autorizzazione per le medie e grandi strutture di vendita in rapporto alla suddivisione dei Comuni per classi di residenti ed in bacini commerciali va preliminarmente osservato che in base all’art. 3 e alla tabella A allegata i Comuni sono suddivisi in quattro classi in base al numero di residenti. Va sottolineato il fatto che sfugge la logica che ha presieduto all’individuazione delle classi in quanto nei Comuni di prima e seconda classe sono ammessi i medesimi interventi con le stesse dotazioni di standard e non si capisce quindi perché non siano stati accorpati in una classe unica; analoga considerazione vale per le classi terza e quarta in quanto l’unica differenza che sembrava intercorre tra le due e relativa alla possibilità per i Comuni appartenenti alla terza classe di realizzare in zona "A" medie strutture superiori del settore non alimentare, cosa che invece era preclusa per i Comuni appartenenti alla quarta classe, in realtà è probabilmente imputabile ad un errore di stampa (c’è infatti un evidente contrasto con quanto stabilito dall’art. 9, quarto comma).
L’art. 4 della Legge Regionale 26/99 suddivide i Comuni in 14 bacini commerciali, considerati come ambiti commerciali omogenei; gli elenchi sono riportati nella tabella B allegata alla legge e sono di fatto identici a quelli della precedente L.R. 17/94. Anche in questo caso, al di là di una continuità che potremo definire "storica", non sono chiari i criteri informatori delle scelte operate, che appaiono perlomeno astratte e che hanno dato luogo a casi singolari quali ad esempio quelli dei Comuni di Mondolfo, Auditore, Tavoleto etc... Sarebbe stato opportuno individuare ripartizioni come fatto dal Piano Territoriale di Coordinamento per le aree elementari (ad esempio attraverso aggregazioni delle stesse) alle quali si è giunti attraverso una analisi territoriale dei caratteri morfologici (bacini e microbacini idrografici), dell’assetto amministrativo (Comune, Comunità Montana, Associazione Intercomunale, Distretto scolastico, Distretto sanitario ed altre aggregazioni intercomunali per la gestione dei servizi) nonché dell’organizzazione funzionale e socio-economica dei vari ambiti territoriali (viabilità aree produttive, ruoli funzionali dell’armatura urbana, consistenza demografica...).
L’art. 5 della Legge Regionale 26/99 fornisce la definizione di medie e grandi strutture di vendita (esercizi del settore alimentare o misto, ovvero esercizi del settore non alimentare), chiarendo che le stesse debbono essere considerate tali sia che siano costituite da un unico esercizio, sia che siano costituite da un insieme di più esercizi. Tale concetto viene ribadito con forza all’art. 6, quarto comma ove si afferma che "…Ogni struttura edilizia deve essere considerata nel suo insieme, sia quando la ripartizione interna preveda un unico esercizio commerciale sia quando la ripartizione interna preveda una suddivisione in più esercizi classificabili come esercizi di vicinato…". Queste precisazioni costituiscono un forte elemento di chiarezza e consentono di sbarrare la strada agli "escamotage" e agli espedienti che venivano prima escogitati per superare le disposizioni in materia di standard a parcheggi.
Ancora all’art. 5 attraverso il rimando all’allegata tabella C sono indicate le possibilità di localizzazione delle strutture commerciali di media e grande superficie in base alla loro tipologia e in rapporto alle zone omogenee e alle ripartizioni per classi di Comuni.
Infine, sempre all’art. 5, si stabilisce che "…i Comuni facenti parte dello stesso bacino possono associarsi per l’individuazione di un’unica area commerciale. In tal caso i limiti della localizzazione previsti dalla tabella C, allegata alla presente legge, sono applicati al numero complessivo degli abitanti dei comuni associati…".
Le norme sul procedimento e i criteri per il rilascio delle autorizzazioni per le medie strutture di vendita sono demandate dall’art. 12 della Legge Regionale ai Comuni. Il rilascio è subordinato alla sussistenza delle seguenti condizioni:

a) rispetto delle disposizioni in materia di urbanistica commerciale previste in atti regionali, provinciali e comunali;

b) verifica di ogni altra condizione richiesta dal d.lgs. 114/1998 e dal capo primo della Legge Regionale.

L’unica eccezione prevista è rappresentata dall’apertura o dall’ampliamento della superficie della media struttura di vendita conseguente alla concentrazione o all’accorpamento di esercizi autorizzati, ai sensi dell’articolo 24 della legge 11 giugno 1971, n. 426, per la vendita di generi di largo e generale consumo, nel qual caso l’autorizzazione è rilasciata obbligatoriamente.
Invece per quanto riguarda le grandi strutture di vendita l’art. 13 della L.R. 26/99, in conformità a quanto previsto dall’articolo 9 del d.lgs. 114/1998, stabilisce che le autorizzazioni sono disciplinate da una Conferenza di Servizi a cui partecipano un rappresentante della Regione, uno della Provincia e uno del Comune. Alla conferenza partecipano inoltre, ma a mero titolo consultivo, i rappresentanti dei Comuni contermini, delle organizzazioni dei consumatori, delle imprese del commercio e delle organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti più rappresentative in relazione al bacino di utenza interessato. La conferenza di servizi delibera entro novanta giorni dalla convocazione e decide a maggioranza dei componenti il rilascio dell’autorizzazione, il quale è subordinato al parere favorevole del rappresentante della Regione. Il Comune ha l’obbligo di procedere al rilascio dell’autorizzazione entro trenta giorni dal parere favorevole della conferenza di servizi. La Conferenza di Servizi valuta la domanda in relazione alla sussistenza delle medesime condizioni già viste per le medie strutture di vendita.

5. RAPPORTI TRA IL PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE E LA L.R. 26/99
Anche a proposito delle ultime considerazioni svolte appare utile precisare i rapporti tra il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale e la L.R. 26/99. Quest’ultima, all’art. 8. prevede che "…Le Province, sulla base di quanto stabilito dal piano di inquadramento territoriale, in relazione alla rete viaria di importanza nazionale (STINF 7), interregionale (STINF 8), regionale (STINF 9) e degli accessi, stabiliscono con i propri piani di coordinamento territoriali gli insediamenti della grande distribuzione a livello sovracomunale, ovvero i criteri e le procedure per la loro individuazione esclusivamente in relazione alla localizzazione degli insediamenti negli ambiti comunali…".
Il P.T.C. della Provincia di Pesaro e Urbino ha in generale anticipato le disposizioni sopra ricordate indicando da un lato le "aree centrali", ove preferibilmente ubicare anche le strutture di tipo commerciale e dall’altro lato nell’ambito dell’elaborato "Regole e criteri per la copianificazione", ha sottoposto a procedure di concertazione interistituzionale la localizzazione delle grandi strutture di vendita.
Si ricorda che per "aree centrali" che sono individuate cartograficamente nella tavola di progetto 9A, "…è da intendersi un insieme di luoghi che per la loro particolare posizione assumono un’importanza strategica, per ricondurre ad una "distribuzione razionalmente diffusa" la logica tendenziale della polverizzazione casuale e prevalentemente unidirezionale delle attività produttive e direzionali in generale. Tali aree centrali andranno viste come i luoghi polifunzionali ideali per indirizzare la localizzazione di grandi ed importanti attività imprenditoriali…".
Il P.T.C. precisa anche "…che il sistema delle "aree centrali" prospettato non vuole e non può esaurire il complesso dell’articolazione dei fabbisogni …; pertanto … i Comuni potranno prefigurare scelte per nuove aree produttive purché siano adeguatamente motivate, di dimensioni appropriate, di facile accessibilità, e interagiscano funzionalmente con il sistema delle "aree centrali" e soprattutto siano coordinate a livello delle "unità minime di riferimento" sancite dal … P.T.C….".
Per quanto concerne invece le procedure si ricorda che il Piano Territoriale di Coordinamento in sintesi all’art. 7 dell’elaborato "Regole e criteri per la copianificazione" prevede quanto segue"…

Sono altresì strumenti di attuazione del … P.T.C.:
…gli accordi di copianificazione aventi ad oggetto scelte con ricadute urbanistico -territoriali di rilevanza Provinciale.

Sono specificatamente soggetti agli accordi di cui sopra, la localizzazione territoriale delle seguenti strutture, qualora non disciplinate da leggi specifiche di settore:
…..

d) grandi strutture di vendita al dettaglio e centri commerciali con superficie di vendita superiore a 1.500 mq. nei Comuni con pop. residente inferiore a 10.000 ab. e superiore a 2.500 mq. nei Comuni con pop. residente superiore a 10.000 ab.;

…..

Le procedure ed i metodi per l’attivazione e l’approvazione degli accordi di copianificazione sarà disciplinata da specifica delibera del Consiglio Provinciale.
Sino all’approvazione di detta delibera consigliare la localizzazione delle strutture di cui al presente punto è soggetta a preventivo parere dell’Amministrazione Provinciale volto a verificare la compatibilità con gli indirizzi e le scelte di P.T.C., nonché la coerenza urbanistica e/o la compatibilità ambientale…".
Come si vede i contenuti del Piano Territoriale di Coordinamento sono perfettamente compatibili con le disposizioni della L.R. 26/99 in quanto:

  1. il P.T.C. oltre ad indicare alcune localizzazioni ritenute ottimali (aree centrali), così come previsto dalla Legge Regionale, stabilisce anche i criteri per collocare sul territorio eventuali altri insediamenti della grande distribuzione a livello sovracomunale;
  2. la procedura dell’accordo di copianificazione prevista dal P.T.C. nel caso specifico si identifica con la Conferenza di Servizi prevista dalla Legge Regionale;
  3. le soglie dimensionali al di sopra delle quali è previsto l’accordo di copianificazione sono perfettamente corrispondenti a quelle stabilite dalla Legge Regionale.

6. CAMBI DI DESTINAZIONE D’USO NEI CENTRI STORICI
Da ultimo è interessante far osservare che l’art. 9, terzo comma della L.R. 26/99 stabilisce che "…Il Comune può individuare aree, vie e piazze all’interno delle quali … prevedere norme di natura urbanistica per i cambi di destinazione d’uso al fine di rendere disponibili alle specifiche attività commerciali individuate, locali non rispondenti ai normali standard previsti…". La norma in questione costituisce un interessante esempio di applicazione e di specificazione di quanto disposto dall’art. 6 della L.R. 14/86 in materia di cambi di destinazione d’uso, consentendo ai Comuni di disciplinare in maniera puntuale le attività ritenute consone alle caratteristiche dei centri storici.

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