Geomorfologia del territorio

Il territorio provinciale presenta una caratterizzazione geomorfologica su tre sistemi che possiamo considerare singolarmente omogenei. In pratica si distingue: una fascia con importanti rilievi che costituisce la dorsale marchigiana, idrogeologicamente importante in quanto costituita da calcare; una fascia collinare, sub appenninica caratterizzata da formazioni geologiche a forte prevalenza argillosa; una terza e ultima fascia costiera pianeggiante o a bassa rilevanza altimetrica, dove sono riscontrabili fenomeni di erosione fluviale e un impoverimento dell’apporto di materiali solidi verso la foce; causa questa di una mancanza di un ripascimento delle coste, con conseguente erosione delle costa.

L’aspetto più importante di modifica del territorio nelle aree montane e collinari è senza dubbio quello della franosità.
La Provincia di Pesaro e Urbino ha una superficie complessiva di 2892,58 kmq. di cui 1701 kmq pari al 58% è costituito da terreni che possiamo definire in termini geomorfologici erodibili e/o semierodibili, rappresentati dal punto di vista litologico, dai detriti, argille scagliose, argille sabbiose e dalle marne argillose. Il resto del territorio è costituito da terreni semierodibili e/o poco erodibili, litologicamente caratterizzato dalla presenza di arenarie e calcari nelle varie condizioni di giacitura, stratificazione e di cementazione, affioranti nella parte centrale del territorio e a Nord Ovest (Catria, Nerone, alta valle del Marecchia, Metauro, Cesano), per una superficie complessiva di 1191,58 kmq pari al 42%.
In termini di franosità, intesa in senso lato, come il complesso di tutte le tipologie di movimenti gravitativi presenti nel territorio provinciale, è possibile affermare che eccezione fatta per la fascia costiera larga non più di 8-10 km., nella quale si riscontrano solo piccoli dissesti a carattere superficiale, sono presenti in tutto il territorio provinciale, senza considerevoli esclusioni, aree con franosità diffusa, presenza di fenomeni calanchivi e dissesti di notevoli dimensioni.

Le cause predisponenti all’innesco dei fenomeni franosi risultano realmente molto diffuse tra di esse si possono individuare: la presenza di accumuli di frane preesistenti, di depositi superficiali sciolti, le formazioni prevalentemente argillose, le rocce poco cementate e/o intensamente fratturate e/o alternate a livelli plastici e i disequilibri del reticolo idrografico.
A queste si sommano le cause legate alle attività antropiche quali sbancamenti su versanti per attività estrattive o per la costruzione di manufatti, sovraccarichi, restringimenti delle sezioni di deflusso degli alvei, perdite di condotte idriche, non corrette regimazioni idriche superficiali, estrazioni di materiali in alveo, disboscamenti e irrazionali lavorazioni agricole.
Un contributo importante da tenere in considerazione nell’innesto delle frane, oltre agli eventi sismici, è dato dalle piogge. Analisi delle relazioni esistenti tra altezza ed intensità di precipiatazione e quantità di frane prodotte durante i maggiori eventi piovosi sia in ambiente alpino che nell’appennino hanno messo chiaramente in luce l’esistenza di valori limite di precipitazioni al di sopra dei quali si innescano localmente le prime frane o si sviluppano, in fase successive, numerosi dissesti alla scala di interi bacini. Questi valori critici di precipitazioni variano da una zona all’altra a seconda delle particolari situazioni litoligiche e strutturali.

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