Comunicati stampa | Dalla Provincia

Urbino 1968

cronaca di un'occupazione

Il 15 febbraio 1968 un nutrito gruppo di studenti, dopo una assemblea molto calda svoltasi nella “mitica” aula VI del palazzo dell’università di Urbino (già palazzo dei Montefeltro), decide di occupare l’università.

L’occupazione, la prima della storia dell’ateneo feltresco, giungeva al termine di un periodo piuttosto lungo, iniziato nel tardo autunno del 1967. In quei mesi si alternavano discussioni, dibattiti, riunioni a piccoli gruppi, assemblee ripetute che permettevano di riflettere sulla scuola italiana, sulle materie di studio, sui contenuti educativi, sulle poche garanzie per i giovani appartenenti a famiglie povere, sul fenomeno dei baroni, sulle lotte studentesche in altre università italiane.

Il testo sacro era “Lettera a una professoressa” di Don Milani, che metteva in evidenza la natura di classe della scuola italiana, che solo pochi anni prima aveva visto la riforma della scuola media inferiore e l’abolizione dell’avviamento, mentre la riforma della scuola media superiore, nonostante gli impegni presi dai vari governi, a cominciare dal “Moro 1” del 1963, era ancora una semplice promessa e tale è rimasta fino ad oggi.

Il ministro della Pubblica Istruzione di allora era il democristiano Gui e lo slogan tante volte cantato o urlato era “Gui, Gui, tempi bui”.

L’altro libro che in diversi di noi avevano letto era “L’uomo a una dimensione” di Markuse, già testo sacro della rivolta degli universitari americani di Berkeley.

Tornando all’occupazione, la notte del 15 febbraio furono chiusi con cura  dal di dentro tutti i portoni e tutte le porte dell’università: tra i più attivi in tale compito ricordo Valter Adanti.

Gli studenti fascisti con una trave usata a mo’ di ariete sfondarono il portone principale e irruppero dentro i corridoi e le scalinate. Noi ci barricammo dentro l’aula VI con sacchi a pelo e un po’ di viveri.

Alcuni si calarono con una corda nel cortile e da lì nella strada sottostante con l’impegno di tornare con un po’ di vettovaglie. Non rivedemmo gli uni né gustammo le altre.

Dopo due giorni nella VI aula, dentro la quale facevamo molto chiasso per far credere che eravamo in tanti, si svolse una trattativa con le autorità accademiche. Noi avremmo abbandonato l’aula e l’università e nessuno ci avrebbe denunciati per interruzione di pubblico servizio.

Era notte quando uscimmo il 18 febbraio 1968, eskimo e montgomery addosso, sacchi a pelo in spalla o sottobraccio; fuori un gruppo di amici e compagni ci accolse con un applauso.

Di tanti che avevamo occupato l’università eravamo rimasti solo in dieci.

Il movimento studentesco naturalmente non si fermò, anzi dopo la fase dell’occupazione continuò la sua attività di informazione, spiegazione, sensibilizzazione con incontri dentro l’università, aperti agli operai, e dentro le scuole superiori (ricordo che partecipai ad un’assemblea alle magistrali), fondando anche l’U.S.M. (Unione Studenti Medi) per dare continuità alle lotte studentesche.

A maggio si svolse una giornata di studio sul movimento e sulle prospettive della lotta, organizzata sulla scia del maggio francese, la scomparsa di De Gaulle, l’offensiva dal Tet in Vietnam.

La rivista “Ad libitum” dedicò un numero speciale all’iniziativa. Tra i dirigenti della lotta ricordo che c’erano dei situazionisti (Isigiani), comunisti (il sottoscritto), socialisti o futuri socialisti (Scriboni), genericamente di sinistra (Lucio Pala). Poi ognuno ha seguito la sua strada.

Questa è la cronaca di un’occupazione. Gli ideali, gli obiettivi, i risultati ottenuti dalle lotte dal 1968 meritano ben altro spazio di queste poche righe.

 

                                                          

                                                                                                   Renzo Savelli

                                                                        Assessore alla Pubblica istruzione

                                                                          della Provincia di Pesaro e Urbino

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