Comunicati stampa |
Origine: Informazione e stampa - Autore: Francesco Nonni

Ricci: «Lavoreremo a testa bassa fino alla fine della legislatura. E saremo protagonisti del cambiamento»

Il presidente sulla riforma: «Scelta demagogica che non produce vero risparmio e crea caos istituzionale. L’obiettivo è mantenere i servizi sul territorio»

PESARO –  Aplomb inglese combinato, quasi per ossimoro, al piglio dell’amministratore navigato e del politico di primo livello. La sensazione, tendente alla certezza, è che al di là dell’«affaire Province» in sé, la dimensione territoriale – con qualsiasi evoluzione - continuerà ancora a lungo ad essere rappresentata da Matteo Ricci. Che sgombera il campo dalle «gogne» dell’opinione pubblica, e si presenta in conferenza stampa portandosi dietro, idealmente, tutte il personale dell’Ente. Chi voleva il tono minore e dimesso sbaglia così ampiamente le previsioni: «Continueremo il nostro mestiere fino all’ultimo minuto, come prima e più di prima. Ci sono i cittadini e c’è un territorio da difendere». Certo, c’è amarezza e non condivisione, perché «le Province da tempo sono entrate impropriamente dentro il tritacarne dei costi della politica. E il rischio è che senza l’area vasta le cose funzionino peggio». Ma nessuno si piange addosso, anzi: «Confermiamo tutti i nostri impegni sul fronte crisi economica. Proseguiamo la nostra battaglia per il territorio in prima linea, in primis sulla Fano-Grosseto. Saremo presenti nella difficile fase relativa ai prossimi bilanci di previsione, da concertare con parti sociali e Comuni. Senza abbandonare la visione futura  incarnata e rappresentata dal nostro Piano strategico, su cui ci muoveremo e che coinvolge tutto il territorio». Il lavoro, dunque, va avanti: «Fino al passaggio delle competenze, tutte le funzioni della Provincia rimangono fino al 30 aprile. Poi vedremo il meccanismo di trasferimento delle funzioni». Secondo aspetto: «Non subiremo gli eventi, ma vogliamo diventare protagonisti del cambiamento. Dopo le feste si apre la discussione su cosa dovranno essere le nuove Province, di cosa dovranno occuparsi, quali funzioni dovranno passare ai Comuni e alle Regioni». C’è in ballo,quindi, la riorganizzazione del territorio provinciale: «Saremo attori pieni nella costruzione del nuovo scenario, perché nei prossimi anni dovremo fare meglio con meno, in ambito pubblico e privato. E mi auguro che questa fase nuova che porti al ripensamento del governo del territorio. Riorganizzando il campo, fuori dalla demagogia e nell’interesse dei cittadini». Ricci dà la linea: «Ci muoveremo su più fronti. In primo luogo su quello provinciale, perché cominceremo a discutere subito di questi aspetti con i sindaci. Ora servono grandi alleanze. E a livello regionale, considerando anche il mio ruolo all’interno del Cal, perché una buona parte della riforma dovrà essere fatta dalla Regione Marche».  Nel periodo di transizione, il rischio più grande è che avvenga un ulteriore centralismo regionale: «Sarebbe deleterio, perché le Regioni devono programmare e pianificare, ma non gestire. Il nostro obiettivo è mantenere i servizi sul territorio. E di questo dovremo discutere con tutti gli attori competenti, in modo particolare i sindaci». L’ambito di movimento, però, è anche nazionale: «Per quello che mi compete, all’interno della mia parte politica giocheremo una partita da protagonisti. Presenteremo la nostra proposta al tavolo nazionale sull’ organizzazione delle nuove Province nei rapporti con i Comuni e le Regioni. Se non ci riorganizziamo presto, il pericolo è l’indebolimento del territorio. Anche perchè siamo una provincia di confine e abbiamo bilanciato spesso il potere regionale».   Altra sottolineatura: «Capisco gli organi di informazione, ma non è in discussione il posto di lavoro dei dipendenti. Non c’è scritto da nessuna parte. E più manterremo i servizi nel territorio, più sarà certo che il personale della Provincia non andrà, magari, ad Ancona. Ma ribadisco: in nessuna riunione ufficiale e in nessuna legge è stato messo in discussione il ruolo dei dipendenti pubblici». Considerata la determinazione del presidente, che anticipa i tempi e il futuro dibattito, appare quasi superata l’analisi del decreto: «Le Province non scompaiono, ma diventano organismi di secondo livello. Il cambio di legge elettorale è la modifica più significativa. Dalla prossima legislatura salta l’elezione diretta dei cittadini e subentra quella indiretta delle assemblee comunali per i consigli provinciali. I dieci consiglieri provinciali eleggeranno il presidente». La legge elettorale dovrà essere fatta dallo Stato entro il 30 aprile. Scomparsa la «dead line» del 30 novembre per gli organi provinciali, girata nella prima versione del decreto e principale motivo di incostituzionalità («Non si possono sciogliere per decreto legge organismi eletti dal popolo. Solo il fascismo l’ha fatto»). Servirà dunque, una nuova legge statale che individui la nuova data della decadenza e l’interpretazione, abbastanza scontata, è che ciò consenta il compimento della legislatura. Già detto sul terzo punto: «Entro il 30 aprile, lo Stato e le Regioni devono legiferare per decidere sulle competenze. Individuando la ripartizione tra Comuni, nuove Province di secondo livello e Regioni». Sembra quasi preistoria, perché Ricci viaggia veloce...

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