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Origine: Informazione e stampa - Autore: Francesco Nonni

Ricci ai dipendenti: «Tuteliamo personale, scuole e strade. Avanti uniti»

Provincia tra presente e futuro. Il presidente: c’è giusta consapevolezza, lavoriamo sull’ente di secondo livello

PESARO – Comunicazioni di Matteo Ricci ai dipendenti, dopo l’incontro della settimana scorsa con i sindacati. Sul tavolo il fascicolo del bilancio di previsione. Definito «di transizione, lacrime e sangue». Che andrà al voto nel prossimo consiglio provinciale e sul quale, nota il presidente,  «c’è bisogno di creare la massima consapevolezza possibile».
IL TAGLIO DEI TRASFERIMENTI – Premessa: «Nel 2009, a inizio legislatura, le entrate correnti (trasferimenti e tributi, ndr) erano 75 milioni all’anno. Nel bilancio attuale si contano solo 39-40 milioni». La sintesi è che «abbiamo la metà della Provincia che abbiamo trovato». Cifre: «Oltre 22 milioni di tagli in totale dal livello centrale. Solo quest’anno facciamo i conti con  10 milioni e 600mila euro in meno». Il calo è anche legato alla crisi economica, «che incide nelle voci delle entrate su energia elettrica e auto». Quindi il presidente vira sulla linea adottata: «Abbiamo compresso al massimo tutte le spese, partendo da quelle ritenute meno fondamentali. Sul personale non abbiamo preso una persona in più. Con il blocco del turn-over abbiamo ridotto il numero generale, senza mobilità e tutelando comunque tutti. In più i dirigenti sono passati negli anni da 16 a 10, per costruire una pianta organica compatibile con le esigenze di bilancio». A questo si aggiungono le scelte ricordate, «comunque dolorose», su patrimonio immobiliare e vendita quote Marche Multiservizi. «Che hanno consentito di chiudere il bilancio dello scorso anno e ridurre l’indebitamento complessivo sul fronte mutui». 
TRE PRIORITA’ -  Con 10 milioni e 600mila euro da trovare ( «e ora per legge non è più possibile utilizzare le plusvalenze da alienazioni per coprire la parte corrente»), Matteo Ricci ha scelto tre priorità: personale, strade e scuole. Sui dipendenti: «La scelta forse più facile sarebbe stata aprire le procedure di mobilità. Ma non l’abbiamo nemmeno voluto prendere in considerazione. In un frangente come questo, manca solo che l’ente pubblico contribuisca a creare disoccupazione. Sarebbe una linea contraria rispetto ai principi che la comunità provinciale deve avere». Quindi: «Interveniamo per tutto quello che possiamo fare sulle strade e sulle scuole. Di tutto il resto ne facciamo meno».
LE SCELTE – Decisioni quindi amare ma inevitabili. Come «rastrellare oltre 3 milioni fra tutti i residui. Togliendoli però ai lavori previsti, alle cose da fare». E poi tagliare le convenzioni con gli enti culturali, «di cui la Provincia è tra i soci fondatori». Ma sono altri 850mila euro recuperati. Il resto viene dal milione di euro risparmiato «con le politiche del personale adottate dall’inizio». E dall’altro milione recuperato con l’abbattimento del debito. Nel mezzo, anche «la rinuncia della giunta e del presidente del consiglio al 10 per cento d’indennità». E la disponibilità dei dirigenti alla rinuncia di parte dei premi di produttività: «Sono stati gli unici in ambito locale a farlo». Inciso: «Quando parlo di modificare il meccanismo della Bassanini – sottolinea Ricci -, orami anacronistico, pongo una questione generale e nazionale. Perché si fatica a comprendere il premio per chi taglia meglio, in una situazione di non espansione. Ma non ho mai sollevato una questione specifica, collegata solo all’ente di Pesaro e Urbino».  Va avanti il presidente: «Per i dipendenti toccheremo solo parzialmente il buono pasto, che passerà da 7 a 5 euro. Non è positivo, ma in un contesto del genere, in cui molte altre Province non chiudono i bilanci, è già un risultato averlo mantenuto comunque». Mentre sulle strade «interverremo con le risorse nella parte capitale del bilancio. E grazie allo sblocco dei pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni pagheremo oltre 13 milioni di arretrati alle imprese. Faremo le asfaltature più urgenti».
IL FUTURO - «Avrei voluto impostare una riorganizzazione più radicale. Ma in questo momento è impossibile. In questi 2 anni si è sentito tutto e il contrario di tutto: accorpamento, abolizione, riduzione a 4 funzioni. C’è incertezza ed è difficile ora avere nuove articolazioni della struttura. Perché rischiamo di potenziare un settore che poi dal primo gennaio non sarà più di nostra competenza». Due le ipotesi sul tappeto a livello nazionale. «La prima è l’abolizione. Per me sarebbe l’ipotesi peggiore: significherebbe creare aziende regionali per strade, scuole, ambiente. Insomma un ‘meccanismo Asur’. Per il territorio significherebbe centralizzare a livello regionale ogni decisione. E anche il personale sarebbe sicuramente più in difficoltà, con l’abolizione giuridica dell’ente». Il presidente, dunque, dovendo scegliere tra il male minore si spende per «la trasformazione in ente di secondo livello. Con la governance ai sindaci, le cose funzionerebbero peggio di ora, verrebbe meno l’interesse generale e provinciale. Ma almeno si riconoscerebbero le funzioni di area vasta. Ed è un’opzione migliore anche per il personale. Sto litigando con i presidenti di Provincia che, se non si sono dimessi per andare a fare i sottosegratari di governo, non vedono in ogni caso oltre loro stessi. E dicono: “O la Provincia rimane quella che è con il presidente eletto direttamente, oppure meglio l’abolizione”. E’ un ragionamento che non tiene conto di riorganizzare lo Stato, che va snellito. Le Province ora non hanno alleati, con l’ipotesi di enti secondo livello troverebbero una sponda nei Comuni. Che andrebbero accorpati, mentre le Regioni sarebbero invece da dimezzare. Significherebbe uscire dall’angolo e dalla demagogia generale. E dentro il governo alcuni ministri preferiscono questa ipotesi». Intervengono dipendenti e rappresentanti dei sindacati. Alla fine, il presidente osserva che dalle domande e dall’atteggiamento dei presenti, «nei fatti c’è la consapevolezza della situazione. E la volontà di provare insieme ad affrontare i problemi». 

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