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Origine: Informazione e stampa - Autore: m.b.

Pane e zolfo, la battaglia dei minatori di Cabernardi

Convegno con il regista Gillo Pontecorvo e il segretario nazionale Cgil Carlo Ghezzi

PERGOLA. Cinquant’anni fa, dal 28 maggio al 5 luglio del 1952, centinaia di minatori occuparono i pozzi della miniera di zolfo di Cabernardi. Era la risposta alla decisione della Montecatini, proprietaria degli impianti, di chiudere la miniera, con 860 licenziamenti immediati.

Per ricordare quegli eventi la Provincia, il Comune di Pergola e la Cgil provinciale hanno organizzato per sabato 23 novembre il convegno “1952-2002: l’occupazione della miniera di Cabernardi, dalle lotte per il lavoro la costruzione del nuovo futuro”, in programma alle 15,30 nella sala consiliare del Municipio (in piazza Matteotti 53).

L’incontro si aprirà con i saluti del sindaco di Pergola Dario Conti, del presidente della Provincia Palmiro Ucchielli e dell’assessore provinciale ai Beni e alle Attività culturali - Editoria Paolo Sorcinelli. Quindi la parola agli storici: Giorgio Pedrocco dell’università di Bologna, che di recente ha pubblicato il volume «Zolfo e minatori nella provincia di Pesaro e Urbino», Renato Covino dell’università di Perugia, Stefano Gatti dell’università di Perugia e Marcello Tenti, ricercatore.

Il convegno ospiterà anche le testimonianze del regista Gillo Pontecorvo e di Alba Orti dello Spi (Sindacato pensionati italiani) nazionale. Conclusioni affidate a Carlo Ghezzi, segretario nazionale della Cgil. Infine, alle 18, è in programma la proiezione del documentario di Pontecorvo “Pane e zolfo”.

«La Montecatini, che era pienamente inserita nelle logiche della “globalizzazione” - ricordano gli organizzatori del convegno - abbandonò a se stessi una vasta comunità e un territorio che aveva sfruttato fino all’esaurimento dei giacimenti di zolfo, restando ben lontana da quello che si usa definire “responsabilità sociale dell’impresa”. Centinaia di lavoratori vissero duramente per quaranta giorni nelle viscere della miniera. Ma l’impianto fu comunque chiuso. L’intera area fu privata di un rilevantissimo reddito monetario e di energie umane indispensabili per lo sviluppo».

«A cinquant’anni dall’occupazione - sottolineano gli organizzatori - di questa vicenda, che ha aspetti di durezza e drammaticità oggi assolutamente inusuali, è possibile parlare con attenzione e rispetto, riconoscendo i grandi valori morali che hanno motivato le scelte. La decisione dei lavoratori di opporsi al dramma annunciato della disoccupazione è stato un atto che li ha resi comunque protagonisti consapevoli. Le braccia impiegate nella gravosa produzione mineraria sono diventate persone vive e attente non solo ai propri bisogni e a quelli delle loro famiglie, ma anche alle vitali necessità dell’intera società locale. Dopo mezzo secolo il territorio tra Sassoferrato, Arcevia e Pergola, che allora gravitava sulla miniera, si è risollevato dalla crisi con risultati assolutamente impensabili negli anni bui che seguirono la chiusura della miniera. Oggi si può quindi guardare al futuro consapevoli che lo sviluppo economico e sociale si afferma con percorsi anche fortemente innovativi, che richiedono comunque l’impegno e la valorizzazione delle persone che lavorano».

 

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