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Origine: Informazione e stampa - Autore: Giovanna Renzini

La “Gioconda” di Leonardo da Vinci ha per sfondo l’antico ducato di Urbino ed il Montefeltro: svelati tutti i misteri

Di fronte a 200 persone, Rosetta Borchia e Olivia Nesci hanno spiegato i quattro anni di ricerca scientifica. Dalle rupi dei Sassi Simone e Simoncello al massiccio del Fumaiolo, dal fiume Marecchia al lago scomparso, tutto è chiarito nel “Codice P”

PESARO – Hanno spiegato alle oltre 200 persone intervenute all’Hotel Excelsior di Pesaro come i paesaggi che fanno da sfondo alla “Gioconda” siano quelli dell’antico Ducato di Urbino e del Montefeltro, ritratti da Leonardo da Vinci secondo una duplice osservazione: dal di là e dal di qua del fiume Marecchia.

Dopo quattro anni di ricerche scientifiche, acquisizione di documenti inediti, studio di codici, stampe antiche, analisi geomorfologiche, collaborazioni con storici, geologi, archeologici, e dopo una ricostruzione al computer grazie ad un file ad alta risoluzione del dipinto ottenuto dal Museo del Louvre, la docente di Geografia fisica all’Università di Urbino Olivia Nesci e la pittrice e fotografa di paesaggi Rosetta Borchia hanno reso noti fin nei dettagli i loro studi attraverso il volume “Codice P: Atlante illustrato del reale paesaggio della Gioconda”, pubblicato da Mondadori Electa. Ben 164 tavole illustrate (foto aeree, immagini satellitari, panoramiche, schemi geomorfologici) mettono a confronto il paesaggio dell’opera e quello di oggi: ci sono i Sassi Simone e Simoncello (le due rupi a sinistra della Gioconda, profondamente deteriorate dopo 500 anni), c’è il massiccio del Fumaiolo, c’è il fiume Marecchia, c’è la rupe di Pozzale e persino il Monastero delle Agostiniane di Pennabilli. E sono stati ricostruiti anche elementi che nel paesaggio attuale non ci sono più: il ponte sulla destra ed il grande lago, scomparso a causa di frane. Un paesaggio che, come spiegato dalle studiose, “Leonardo aveva secretato: per trovarlo abbiamo usato la chiave della compressione, una tecnica di rappresentazione prospettica”.

“Si tratta di una scoperta straordinaria, che ho voluto sostenere con grande convinzione, con la speranza che non rimanga conoscenza di pochi ma venga diffusa ad un vasto pubblico”, ha detto Nardo Filippetti, titolare dell’Hotel Excelsior e organizzatore della presentazione insieme alla Provincia di Pesaro e Urbino.

“L’Atlante – ha sottolineato il presidente della Provincia Matteo Ricci – ha un enorme valore storico – culturale, ma anche turistico – economico. Da anni le autrici stanno cercando i paesaggi delle opere del Rinascimento, spinte da grande professionalità e passione. Sapere oggi che l’opera più conosciuta al mondo raffigura nel suo paesaggio il Montefeltro ha un fascino straordinario. Non penso di esagerare dicendo che la Gioconda è marchigiano – romagnola”.

Sull’importante collaborazione avviata tra le due Province si è soffermato l’assessore al Turismo della Provincia di Rimini Fabio Galli. “Due province di due regioni diverse – ha detto – hanno creduto fermamente in questo progetto e lo hanno fatto proprio. E’ un punto di arrivo ma anche di partenza verso altre forme di collaborazione e promozione, anche predisponendo pacchetti turistici con itinerari di visita in questi luoghi del Montefeltro”.

Tra i codici di Leonardo (codice Arundel, Royal Library-London), le due ricercatrici hanno rinvenuto anche alcuni disegni preparatori di quel paesaggio, fatti presumibilmente nel 1502 (quando al seguito di Cesare Borgia, Leonardo spaziava in quei territori come Soprintendente generale alle fortificazioni militari) o nel 1516 (in un viaggio da Roma a Bologna, fatto insieme a Giuliano de’ Medici e Papa Leone X: lasciata la Toscana, si imboccava la via Ariminensis, proprio dentro il paesaggio dipinto).

Ma a Rosetta Borchia e Olivia Nesci non bastava aver individuato il paesaggio. “Di solito – hanno spiegato – c’è una relazione col ritratto. Perché mai Leonardo avrebbe rappresentato il paesaggio del Ducato di Urbino alle spalle della ‘toscana’ Monna Lisa? A metà della nostra ricerca abbiamo saputo che uno storico e archivista delle Biblioteche di Roma, Roberto Zapperi, aveva scoperto che la vera identità della donna ritratta: Pacifica Brandani, dama alla corte di Urbino, amante di Giuliano de' Medici, morta dando alla luce il figlio avuto da Giuliano. Un’interpretazione data già dagli anni ‘50 dai più grandi storici di Leonardo (Chastel, Pedretti, Perrig…). Altri elementi sono presenti nel Registro degli Esposti del Brefotrofio di Urbino, dove si dice che il bambino venne poi dato ad una balia. In seguito, Giuliano de’ Medici lo portò con sé a Roma. E’ possibile che crescendo, il piccolo abbia chiesto notizie della madre e che Giuliano, avendo Leonardo ai suoi servizi, lo abbia incaricato di realizzare il ritratto”.

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