Comunicati stampa | Dalla Provincia
Origine: Informazione e stampa - Autore: Milena Bonaparte

Dario Fo mette in scena la fotografia

Curata dal premio Nobel una mostra a Pesaro con le immagini di Adriano Gamberini. Dal 21 luglio al 15 agosto l' "Altro Mondo" che restituisce dignità agli oppressi

PESARO. La dignità degli oppressi. Quella stessa che ha motivato la sua arte e che gli è valsa il premio Nobel per la letteratura nel '97 proprio perché "seguendo la tradizione dei giullari medievali, dileggia il potere restituendo dignità agli oppressi". La dignità degli occhi e dei volti fotografati.

Dario Fo, da oltre quarant'anni scrittore, regista, attore, protagonista dissacrante di ogni epoca, ha voluto portare nel suo "palcoscenico" le immagini di Adriano Gamberini. Un fotografo che lo ha conquistato proprio per l'affinità elettiva di rendere, non con la voce né con la scrittura ma con l'obbiettivo, dignità e anche nobiltà agli ultimi.

Specialista del reportage da Paesi lontani, lontani soprattutto dal benessere, Gamberini vive e lavora a Pesaro. Uno dei suoi diari fotografici "annotati" durante i periodici viaggi nei quattro angoli del mondo, alla ricerca di frammenti di vita e volti capaci di esprimere speranza anche in condizioni materiali estreme, l'estate scorsa ha mosso le corde più sensibili dell'autore del Mistero buffo. Ne è rimasto addirittura commosso una mattina, negli uffici della Provincia di Pesaro e Urbino, durante un incontro casuale nella pausa di lavorazione dell'Italiana in Algeri per il Rossini opera festival.

È stata quella scintilla scoccata all'istante a fare nascere la mostra "Altro Mondo", ideata da Dario Fo, che sarà presente il 21 luglio al "Curvone", il parcheggio multipiano fresco di apertura nei cui sotterranei l'esposizione si snoderà fino al 15 agosto.

«Un luogo inusuale, non vocato alle esposizioni, e per questo ancora più stimolante» fanno notare il presidente della Provincia Palmiro Ucchielli e l'assessore alle attività culturali Simonetta Romagna che hanno organizzato l'esposizione.

Le gigantografie sono 56 (11 già presentate in altre esposizioni, le restanti inedite) e segnano le principali tappe del cammino fotografico dell'autore. Un percorso paragonato da Fo a quello di Marco Polo. Lui "raggiunse la Cina attraversando la costa d'Africa che costeggia l'Egitto e poi salì e scese montagne e mari senza sbocco… quindi l'India con i suoi fiumi immensi". Scrive il premio Nobel: "Gamberini ha percorso più o meno lo stesso cammino, armato di una macchina fotografica con la quale ha scritto il suo Milione".

Una madre del Ladakh (il piccolo Tibet indiano) sola… tra la folla insieme al suo bambino, quasi una Madonna rinascimentale, è la copertina del catalogo che accompagna la mostra. Un ragazzo piegato sotto il peso di un sacco con gli occhi che gridano la fatica: la foto è stata scattata in Ghana. È etiope lo sguardo prigioniero dietro il filo spinato. Poi il neonato che dondola nel cesto appeso al soffitto di una capanna dell'Orissa. Monaci fanciulli danzano felici in attesa del Dalai Lama. Intime atmosfere e sguardi catturati nella loro quotidianità che una studiata tecnica, fatta di equilibri geometrici e giochi di luce e colore, restituisce all'osservatore trasformati in icone dipinte.

"Nel suo produrre immagini - fa notare Dario Fo - non c'è nulla di accidentale. Nulla viene dal caso. Ogni foto è calcolata e proiettata dal suo cervello. Per Gamberini da Pesaro la fotografia non è solo arte, ma di più: è scienza". E ancora: "Ci vengono in mente i pittori fiamminghi e i senesi del '200 con il loro croma pulito e intenso". Poi il richiamo alla luce di Caravaggio e alla perizia di Delacroix.

«Un Altro Mondo - spiega Adriano Gamberini - perché cerco di rappresentare un'altra realtà, altre culture, altri modi di vivere, così lontani ma al tempo stesso così vicini. Del resto i valori umani sono universali. Negli scatti ho voluto mettere in evidenza il dualismo tra il buio di chi vive ai margini della società e la luce dell'anima come mistero dell'esistenza. L'incontro con Fo? Del tutto casuale e quindi ancora più emozionante. Vederlo osservare le fotografie, sentire le sue parole, capire soprattutto che era in sintonia con me, è stata un'esperienza unica. Dal suo entusiasmo è nata l'idea di realizzare la mostra. Qualunque sia la strada che percorreranno le mie immagini, per il loro viaggio non potevo augurarmi viatico migliore».


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