Comunicati stampa | Dalla Provincia
Origine: Informazione e stampa - Autore: Giovanna Renzini

Dalla politica Tina Anselmi all’educatore Alberto Manzi: figure coraggiose da prendere come modello

Gli ultimi due incontri della rassegna “Per Esempio” hanno visto susseguirsi “testimoni” di prestigio: dall’ex magistrato Giuliano Turone agli scrittori e saggisti Roberto Farnè e Antonio Faeti

PESARO – Esperienze di vita, aneddoti, scelte coraggiose e controcorrente, coerenza del pensiero e delle azioni: della politica Tina Anselmi e dell’educatore Alberto Manzi (la prima oggi 85enne, il secondo scomparso nel 1997) sono stati offerti ritratti inconsueti, e per questo ancora più interessanti, nelle ultime due serate della rassegna “Per esempio. Modelli e testimoni del possibile”, promossa dalla Provincia ed inserita quest’anno nel “Festival della felicità”.

Staffetta partigiana a 17 anni con il nome di Gabriella (da quello dell’Arcangelo Gabriele), Tina Anselmi percorse anche 100 chilometri al giorno durante la Resistenza per garantire al Paese la democrazia e la libertà, valori a cui ha dedicato tutta la vita, sia nella Dc, che al governo come ministro del Lavoro e della Sanità e in tante altre cariche ricoperte. Come ricordato dall’ex magistrato Giuliano Turone (che insieme a Gherardo Colombo condusse l’inchiesta giudiziaria sulle vicende di Sindona e dell’omicidio Ambrosoli, nel corso della quale vennero scoperti gli elenchi della loggia massonica P2), Tina Anselmi accettò e portò avanti con grande forza, nel 1981, la presidenza della Commissione d’inchiesta sulla P2 (affidatale da un’altra donna, Nilde Iotti), firmando la relazione che analizzava le gravi collusioni della loggia con apparati dello Stato e frange della criminalità organizzata. Dall’introduzione dell’assessore alle Pari Opportunità della Provincia Daniela Ciaroni e dalle testimonianze di Giuliano Turone e dell’attrice Roberta Bigiarelli (che la intervistò per un suo lavoro) è emerso il ritratto di una donna coraggiosissima, lasciata spesso sola nelle sue battaglie, che non si arrese ad alcuna pressione, scampando ad attentati e a tentativi di denigrazione. Nel marzo scorso, per il suo compleanno, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano le ha inviato un affettuoso messaggio di auguri. “Il tuo contributo alla difesa e allo sviluppo della democrazia - è scritto tra l’altro - è attuale e caro a noi tutti”.

Ma anche Alberto Manzi dette un fondamentale contributo alla democrazia, garantendo ad oltre un milione di persone l’accesso all’istruzione, diritto sancito dalla nostra Costituzione. Con la trasmissione “Non è mai troppo tardi” che fu chiamato a condurre negli anni ‘60, adulti analfabeti ebbero l’opportunità di frequentare, attraverso la televisione, vere e proprie lezioni a distanza, condotte con metodologie innovative, supportate da disegni, suoni, esempi concreti per rendere più stimolante l’apprendimento. Il tutto, grazie anche ai “Centri di ascolto” che la Rai aveva creato, inviando duemila insegnanti su tutto il territorio nazionale. Come evidenziato dall’assessore provinciale alla Cultura Davide Rossi, “Manzi volle operare una sorta di processo educativo di massa, pur consapevole dei rischi della televisione, da lui considerata come strumento che acquista valore solo se mette in moto l’individuo e lo spinge a fare”. Un personaggio poliedrico, che fu anche scrittore per bambini (il libro “Orzowei, il più venduto dopo Pinocchio, è stato tradotto in 32 lingue), ricordato dal giornalista di Rai Educational Pietro De Gennaro dagli scrittori e saggisti Antonio Faeti e Roberto Farnè nelle sue tante sfaccettature: dall’esperienza di maestro in un carcere minorile a 22 anni, al rifiuto di fare schede di valutazione per i bambini più difficili (che gli costò quattro mesi di sospensione dall’insegnamento e quattro mesi di stipendio), fino alla centralità dell’educazione scientifica (oltre che in Pedagogia era laureato in Biologia). “In quel periodo – ha detto De Gennaro – in Italia c’era una situazione di analfabetismo terribile, bisognava unire dal punto di vista linguistico il paese: Manzi ci riuscì in pieno”.

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