Comunicati stampa | Dalla Provincia
Origine: Informazione e stampa - Autore: m.b.

Consigliere contro la soppressione della commissione pari opportunità

Mobilitazione delle amministratrici della Provincia, «un nuovo colpo alla rappresentanza femminile in politica»

Anche le consigliere provinciali si mobilitano per salvare dalla morte annunciata la Commissione pari opportunità, finita sotto la “mannaia” del governo. Il consiglio dei ministri ha infatti approvato un decreto legislativo che trasforma la commissione nazionale per la parità e le pari opportunità fra uomini e donne, istituita nel ‘90, in comitato con funzioni di consulenza e studio al servizio del ministero. «Un’ingiustizia bella e buona» tuonano Antonella Amaranti (presidente della commissione pesarese), Paola Bartolucci e Anna Maria Guerra. «Un nuovo colpo alla discriminazione femminile - aggiungono agguerrite - Ma lo sapete che in uno studio fatto dall’Onu sulla partecipazione delle donne alla vita politica ed economica, l’Italia si è classificata dopo il Botswana, quel Paese del sud Africa… ».

E rilanciano: «Altro che soppressione, questo organismo andrebbe potenziato. Siamo convinte infatti che il comitato non possa risolvere i problemi relativi alle istanze del mondo femminile. È necessaria una riforma organica, complessiva per rafforzare la politica di parità, riorganizzando tutti gli organismi per renderli più operativi».

Del resto il nuovo organo consultivo e di proposta, sotto l’indirizzo politico-amministrativo del ministro, porterà all’esclusione di ogni rappresentanza politica e così «andrà perduta l’autonomia funzionale e decisionale - fanno notare le consigliere provinciali - la trasversalità di opinioni e di iniziativa che in questi anni sono state il punto di forza della commissione e hanno permesso a tutte le donne di vincere battaglie molto significative, come la modifica dell’articolo 51 della Costituzione e, con l’articolo 117, a investire le Regioni del compito di favorire la rappresentanza delle donne nelle istituzioni e nella società».

La chiamata alle armi contro questo provvedimento è rivolta a uomini e donne, «in difesa della democrazia del nostro Paese».

 

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